Pamela, niente rito abbreviato per Oseghale. Folla all'esterno del tribunale: «Mostro»

Lunedì 26 Novembre 2018
Pamela, niente rito abbreviato per Oseghale. Folla all'esterno del tribunale: «Mostro»
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Si aprirà il 13 febbraio prossimo il processo in Corte d'Assise, a Macerata, per Innocent Oseghale, il pusher nigeriano accusato di avere ucciso e fatto a pezzi la 18enne romana Pamela Mastropietro: il corpo fu ritrovato, chiuso in due trolley nelle campagne di Macerata il 31 gennaio scorso. 

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Nessuna possibilità di sconto di pena per lui, accusato di omicidio volontario aggravato, vilipendio e distruzione di cadavere e violenza sessuale: il gup Claudio Bonifazi ha infatti respinto la richiesta di rito abbreviato della difesa, cui aveva dato parere favorevole anche la procura. Che non ha nascosto il disappunto per il diniego: «avremmo potuto evitare un processo lungo, con almeno 50 testimoni», ha detto il procuratore Giovanni Giorgio. E comunque per una parte dell'opinione pubblica la sua colpevolezza è già stabilita: oggi all'arrivo in Tribunale per l'udienza preliminare è stato accolto da decine di manifestanti al grido «assassino, mostro», «ha ragione Salvini, via dall'Italia». Insulti e sputi sono stati indirizzati ai legali della difesa Simone Matraxia e Umberto Gramenzi, contestazioni anche al sindaco di Macerata Romano Carancini, venuto a rappresentare il Comune che si è costituito parte civile. «Dove sono i maceratesi?» gli hanno chiesto i manifestanti, per la quasi totalità venuti da Roma. 
 

 

Una gazzarra che ha suscitato la reazione della stessa Procura della Repubblica e della presidente del'Ordine degli avvocati di Macerata Maria Cristina Ottavianoni: «si mette in discussione il diritto alla difesa, garantito dalla Costituzione». Poi sono stati esposti striscioni che invocavano «Giustizia per Pamela». Anche per questo al termine dell'udienza, a porte chiuse, il procuratore di Macerata Giovanni Giorgio ha sottolineato che il dibattimento si è svolto «in un clima sereno». Tre le parti civili ammesse: oltre al Comune di Macerata, i familiari di Pamela, oggi in aula rappresentati dallo zio della ragazza, l'avv. Marco Valerio Verni, e, a sorpresa, il proprietario dell'appartamento di via Spalato, dove Oseghale abitava in affitto, e dove Pamela morì. 
 

Il gup ha respinto la richiesta della difesa di procedere con rito abbreviato condizionato all'ascolto di due consulenti e di un detenuto, compagno di carcere del nigeriano (che ora si trova a Forlì, dopo essere stato rinchiuso ad Ancona e ad Ascoli Piceno). Anche l'accusa aveva chiesto, in caso di rito abbreviato, di sentire i suoi periti e un altro detenuto. Ma con la decisione del gup di procedere con rito ordinario ci sarà modo di sentire tutti. Sarà soprattutto una guerra di perizie e periti: la difesa punta all'annullamento degli accertamenti medico-legali e di polizia scientifica del Ris perché non era stato avvisato l'indagato in carcere; oggi l'avv. Verni ha depositato altre relazioni tecniche, tendenti tra l'altro ad escludere il decesso di Pamela per overdose. Oseghale ha voluto leggere una dichiarazione in inglese per chiedere scusa ai genitori della ragazza e agli italiani e per ribadire di non avere ucciso la 18enne. Nella sua ultima versione Pamela, con cui era venuto in contatto occasionalmente dopo che lei si era allontanata da una comunità, è morta dopo un rapporto consensuale e dopo avere assunto eroina. Lui ha ammesso solo di averne fatto a pezzi il corpo per disfarsene. E oggi ha chiesto una seconda possibilità. «Una presa in giro» secondo la madre di Pamela.

Ultimo aggiornamento: 20:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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