Napoli, professore perde tre dita per i botti killer di Capodanno: «Vivo per miracolo, non sparerò più»

Ciro Belfiore, docente universitario in pensione, racconta l'incubo vissuto a Capodanno: «Ho pensato di morire o di avere conseguenze ben più gravi rispetto a quello che mi è accaduto»

Lunedì 2 Gennaio 2023 di Melina Chiapparino
Napoli, professore perde tre dita per i botti killer di Capodanno: «Vivo per miracolo, non sparerò più»

«Sparare i botti è pericoloso anche quando crediamo di avere tutto sotto controllo». Nelle parole di Ciro Belfiore c’è rammarico e amarezza per un gesto che credeva innocuo e che, invece, gli è costato l’amputazione di porzioni di tre dita della mano sinistra. Il 77enne, originario di Portici con una brillante carriera di professore universitario alle spalle, racconta al Mattino l’incubo vissuto a Capodanno.

Come si è ferito alla mano?

«Mi stavo accingendo a provare uno dei pochi botti che, in famiglia, avevamo acquistato per Capodanno.

Ero sul balcone e avevamo quasi concluso la cena perché mancavano più di due ore allo scoccare della mezzanotte. In quel momento ero solo. Avevo appena acceso la miccia quando, immediatamente, è esploso il petardo. Non ho avuto neanche il tempo di reagire o di allontanarmi perché, praticamente, mi è scoppiato in mano e, un secondo dopo, ho visto che ero completamente ricoperto di sangue».

Cosa è successo dopo l’esplosione? 

«Mi hanno raggiunto sul balcone i miei familiari. Qualcuno ha preso un asciugamano e mi ha coperto la mano, comprimendo l’emorragia. Muovevo il braccio ma non sentivo la mano. L’unica cosa che riuscivo a vedere, era un’enorme quantità di sangue che fuoriusciva dall’arto e mi aveva ricoperto ma non ho mai perso conoscenza. Sono rimasto vigile e, per questo, mi hanno accompagnato in auto all’ospedale Vecchio Pellegrini perché è una struttura che conosciamo e sappiamo essere una vera eccellenza per questo tipo di ferite»

Secondo lei, cosa è accaduto?

«Ricordo di aver pensato che il filo della miccia era troppo corto. Lo scoppio è stato così veloce rispetto al momento dell’accensione che, ho immaginato, non ci fosse il filo sufficiente per accenderlo regolarmente ma non posso esserne sicuro. C’è anche la possibilità che il petardo fosse difettoso. In realtà, c’era un numero molto limitato di fuochi e buona parte, credo fossero stati acquistati presso negozi ma non posso escludere che qualcuno fosse stato comprato in strada. In ogni caso, si trattava solo di petardi».

Era la prima volta che accendeva un petardo? 

«No ma non mi era mai capitato alcun incidente. In famiglia non abbiamo l’abitudine di sparare molti fuochi ma, in occasione del Capodanno, accendiamo qualche petardo. Parliamo di quantità veramente limitate. Fino a oggi, si trattava di una specie di tradizione in ricordo dei fuochi che piacevano a mio padre e, nel contempo, sparare qualche botto rappresentava un rito simbolico per salutare il vecchio anno. Sicuramente non lo faremo mai più». 

Cosa pensa dell’accaduto?

«Penso che ho sbagliato. Sono profondamente amareggiato per me ma, soprattutto, per aver fatto preoccupare i miei familiari. Credevo che accendere un petardo, con attenzione, non potesse comportare alcun pericolo e invece non è assolutamente così. I botti sono sempre rischiosi e l’unico modo per evitare problemi è non usarli. Questo ragionamento vale anche per chi accende un solo petardo. Sono stato ingenuo e, da quando è accaduto, penso all’errore che ho commesso. Nonostante questo mi sento un miracolato».

“Miracolato” perché ha temuto di morire? 

«Un attimo dopo l’esplosione ho avuto paura che potesse accadermi il peggio. Ho pensato di morire o di avere conseguenze ben più gravi rispetto a quello che mi è accaduto. Nel mio passato, oltre alla carriera universitaria come professore di Fisica medica, mi sono anche dedicato al catechismo e, in questo caso, posso dire di sentirmi veramente miracolato. Le ferite che ho riportato non mi impediranno di continuare a fare la mia vita e non vedo l’ora di tornare a casa». 

Lei ha insegnato per tutta la vita, che messaggio si sente di dare ora? 

«Mio padre era ferroviere e, con tanti sacrifici, dopo due anni di Ingegneria all’Università, mi sono laureato in Matematica per lavorare prima. Ho avuto il privilegio di insegnare oltre il pensionamento, fino a 74 anni, trasmettendo la mia passione e, oggi, il messaggio che voglio lanciare riguarda la sicurezza. Con i botti non si è mai al sicuro anche quando crediamo di avere tutto sotto controllo».

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