Elena Ceste, una morte coperta dal mistero. Un giallo tra web e sesso nell'astigiano

Lunedì 27 Ottobre 2014 di Alessandro Perissinotto
Elena Ceste, una morte coperta dal mistero. Un giallo tra web e sesso nell'astigiano
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Non si racconta mai una storia dall'inizio; si cerca un punto, che faccia da spartiacque, e di lì ci si muove, avanti e indietro, alla ricerca di un senso. E un'indagine, in fondo, è una storia: se è a lieto fine ci restituisce la verità, se invece finisce male, ci lascia solo dubbi e ingiustizie.



Nella vicenda di Elena Ceste, lo spartiacque è la notte del 23 gennaio 2014. È in quella notte, secondo quanto dice il marito della donna scomparsa e ritrovata cadavere, che Elena, nel buio di una stanza da letto già pronta per il sonno, fa una rivelazione: ha avuto rapporti sessuali con altri uomini contattati via Facebook.



Scoppia una lite: dopo mesi di sospetti, di bugie, di sensi di colpa, di frustrazioni, l'affiorare della realtà cancella per sempre l'immagine di famiglia felice che Elena e il marito Michele hanno costruito.

Di liti come quelle, le case delle famiglie modello ne hanno viste a milioni nel corso della storia. Eppure, quando esplodono proprio dentro alla nostra di casa, ci trovano impreparati. All'indomani di quelle baruffe, qualcuno deve prendere una decisione. Il caso di Elena Ceste è tutto lì, contenuto in una domanda: chi ha preso la decisione? Elena Ceste o Michele Buoninconti?



L'indomani di Michele sembra quello di una persona che cerca di aggrapparsi alla normalità: accompagna i figli a scuola, perché la moglie non si sente bene. Al contrario, Elena pare non riuscire a riprendersi dal turbamento: durante la notte (ma forse questo accade già da settimane), nella sua mente si sono accumulate voci, minacce, immagini di un video hard che uno dei suoi amanti avrebbe girato e poi fatto circolare.



Ed è sotto la spinta di quelle voci e di quel senso di colpa che prende la decisione, la più folle, la più radicale: si spoglia nuda nel cortile della villetta, ripiega i vestiti, abbandona persino gli occhiali che le sono indispensabili e corre via, nella nebbia leggera di un inverno mite. Entra nel bosco, inciampa, cade in un canale, e a poco a poco la vita la abbandona, come poco prima l'aveva abbandonata la ragione. Il suo corpo viene dilavato dalle piogge, trascinato dall'acqua, sommerso dal fango, ricoperto dai rovi, fino a che una ruspa, nove mesi dopo, non lo riporta alla luce facendone scempio per l'ultima volta.



Oppure la decisione la prende Michele, una decisione di segno opposto, fredda e razionale: torna e uccide la moglie, per lavare quell'onta, per vendicarsi, infine ne occulta il corpo.



E poi comincia una messa in scena. Consegna ai carabinieri gli occhiali e i vestiti della moglie sostenendo di averli trovati in giardino, piange, si mostra addolorato, si dispera: tutte cose che la TV del dolore ci ha ormai mostrato mille volte. I mariti assassini diventano spesso magnifici attori; insuperabile, in questa macabra classifica, Benoît Piet che nel 2006, in Francia, uccise la moglie e la seppellì nel giardino di casa, sotto il barbecue che continuò a utilizzare per le braciolate con i suoi sette figli.



Dunque, se la notte del 23 gennaio 2014 è stato lo spartiacque, il mattino dopo è il punto in cui la storia, per come gli inquirenti la conoscono fino a questo momento, si trova di fronte a un bivio: se la decisione l'ha presa Elena è incidente o suicidio, se l'ha presa Michele è omicidio.



Ma le storie a bivi ci piacciono se, come nel film Sliding doors, a seconda della strada che si prende, il finale può cambiare. Nella vicenda della giovane mamma di Costigliole d'Asti invece la parola "tragedia" è scritta ormai definitivamente, e forse era già scritta prima di quello che abbiamo scelto come spartiacque.



Quattro figli in pochi anni, altre due gravidanze non andate a buon fine e un marito che insiste per allargare ancora la famiglia; ce n'è abbastanza per fare di Elena una sorta di reclusa, di condannata ai lavori domestici forzati. Eppure, molti la dipingono come una donna serena, i giornali e le trasmissioni televisive mostrano di lei foto sorridenti, come se ignorassero che poche cose sono più false del sorriso davanti all'obiettivo.



Lei e Michele vengono definiti "molto religiosi", di quella religiosità che non conosce il confine con il bigottismo, con l'integralismo, con l'oppiaceo stordimento che dà il piacere del martirio. Sul corpo di Elena Ceste non sono stati ritrovati segni di violenza, ma forse nella sua mente le violenze si sono accumulate per anni, perpetrate in quell'istituto di reclusione e pena che diventano talvolta famiglie quando aspirano alla perfezione.



Non sappiamo se Elena sia stata uccisa dal senso di colpa per aver provato a evadere da un matrimonio-prigione o se sia stata ammazzata da quello che, assieme a lei, ne era diventato carceriere: l'indagine, se sarà una storia a lieto fine, ce lo dirà. Ma neppure la verità riuscirà a cancellare l'amarezza di constatare che i matrimoni-prigione hanno in realtà delle uscite di sicurezza previste dalla legge e dal buon senso: si chiamano separazione e divorzio; talvolta, la superbia di voler apparire perfetti agli occhi di Dio o degli uomini impedisce di vederle.
Ultimo aggiornamento: 28 Ottobre, 08:19

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