Trentesimo anniversario del disastro del traghetto Moby Prince, che la sera del 10 aprile 1991 entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo nella rada del porto di Livorno.
Mattarella: «Il popolo italiano non può dimenticare»
«Ricorrono trent'anni - ricorda il Presidente della Repubblica - dall'immane tragedia che coinvolse il traghetto Moby Prince. Centoquaranta persone, passeggeri ed equipaggio, persero la vita in seguito alla collisione con una petroliera e all'incendio che ne scaturì. Il primo pensiero è rivolto alle vittime, alle tante vite improvvisamente spezzate di adulti e di giovani, e al dolore straziante dei loro familiari, che si protrae nel tempo e ai quali rinnovo la vicinanza e la solidarietà della Repubblica». «È stato il disastro più grave nella storia della nostra navigazione civile. - sottolinea Mattarella - Il popolo italiano non può dimenticare. Come non dimentica la città di Livorno, che vide divampare il rogo a poche miglia dal porto e assistette sgomenta alla convulsa organizzazione dei soccorsi e al loro drammatico ritardo».
«Sulle responsabilità dell'incidente e sulle circostanze - prosegue il Capo dello Stato - che l'hanno determinato è inderogabile ogni impegno diretto a far intera luce. L'impegno che negli anni ha distinto le associazioni dei familiari rappresenta un valore civico e concorre a perseguire un bene comune». «Il disastro del traghetto Moby Prince . prosegue Mattarella - è monito permanente per le autorità pubbliche e gli operatori, chiamati a vigilare sulla navigazione e a garantirne la sicurezza. Rispettare gli standard stabiliti, sforzarsi di elevarli, assicurarne una corretta applicazione sono responsabilità indeclinabili, che sole possono consentire l'esercizio di un pieno diritto da parte dei cittadini e portare così beneficio all'intera società», conclude il Presidente della Repubblica.
Cartabia: «Ferita ancora aperta»
«Sono trascorsi 30 anni dal giorno in cui nella rada di Livorno 140 persone persero la vita in un disastro che ancora oggi presenta punti non del tutto chiariti. Erano madri e padri, figlie e figli, sorelle e fratelli, amiche e amici che ancora vivono in una memoria di affetti, mai scalfita dal tempo. Nel loro nome, tutti voi - dopo tre decenni - aspettate ancora di conoscere fino in fondo le cause di ciò che successe quella sera del 10 aprile 1991». Lo scrive la ministra della Giustizia Marta Cartabia, alle associazioni dei familiari delle vittime del Moby Prince, nel 30ø anniversario del disastro. «Questa domanda di conoscenza e, quindi, di giustizia - scrive la titolare del ministero della Giustizia - richiama a un impegno che l'Italia ha il dovere di compiere. Il disastro del Moby Prince resta una ferita aperta per il nostro Paese, che non ha mai smesso di cercare quanto possa servire a illuminare i punti ancora oscuri nella ricostruzione dei fatti».
«Nuove aspettative sono riposte nell'ultima indagine aperta dalla Procura di Livorno alla luce delle conclusioni dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta istituita presso il Senato della Repubblica. Come dice papa Francesco nell'enciclica 'Fratelli tuttì, è 'un lavoro paziente di ricerca della verità e della giustizia, che onora la memoria delle vittime e che apre, passo dopo passo, a una speranza comunè. Le difficoltà sono tante e il tanto tempo passato di certo non aiuta, ma sono certa che i magistrati di Livorno sapranno affrontare questo rinnovato impegno con tutta la dedizione e la professionalità che il compito di rendere giustizia richiede», conclude Cartabia.