La notizia è corsa veloce. Di bocca in bocca. Di messaggio in messaggio. «Hai saputo? È morto Massimo Bochicchio. Dicono un incidente...», «È morto bruciato».
Malore o altro? In pochissimi credono ad un incidente. Una morte che si porta dietro i segreti inconfessabili della Roma bene. I soldi, forse non proprio sempre puliti, e gli interessi che si incrociano nei salotti chic della capitale. Probabilmente gli stessi che non avevano potuto fargli causa perché, come ironizzava in una intercettazione del 28 luglio 2020, «c'hanno un tallone d'Achille»: il sospetto è che gli avessero affidato capitali esteri nascosti al Fisco. Massimo Bochicchio, il broker che secondo l'accusa, aveva truffato centinaia di persone per milioni di euro era conosciutissimo nei circoli sportivi romani. L'Aniene, dove però si vedeva di rado, e soprattutto il tennis club Parioli erano i suoi terreni di caccia preferiti. Qui tra i campi di tennis (ai tempi delle sue truffe il padel non era ancora di moda) e i tavoli del ristorante a bordo piscina stringeva contatti e si procacciava clienti. Nella sua rete sono finiti vip dello sport (tra cui l'allenatore dell'Inter Antonio Conte e l'ex Marcello Lippi), imprenditori e professionisti ma soprattutto personaggi del «generone» romano. E, secondo l'accusa, grazie alle due società, la Tiber capital e la Kidman Asset Management, registrata alle Isole Vergini Britanniche e con una serie di schermi offshore riusciva a far sparire centinaia e centinaia di milioni di euro raccolti in Italia, ma non solo. Migrazioni di soldi rese possibili anche grazie a una rete di amici molto importanti nella Capitale.
QUADRI E MACCHINE
Bochicchio aveva una passione sfrenata per il lusso e la bella vita. Possedeva un attico a Miami, una casa a Cortina sulle piste più chic d'Italia, una residenza a Londra, dove probabilmente gestiva la maggior parte dei suoi affari e poi ancora Roma e Capalbio. Tutte case impreziosite, come raccontano i bene informati, da due opere di Castellani da 700 mila euro ciascuna, due litografie di Marilyn Monroe di Andy Wahrol, sette quadri di Mario Schifano nell'ufficio londinese, foto di Avedon. Oltre a bonifici a persone a lui vicine, viaggi su aerei privati e una Mercedes da collezione del valore di 200 mila dollari. A marzo scorso sui telefoni delle vittime era circolata una sua foto che lo ritraeva, probabilmente a Dubai, con due persone. «Sta lì alla faccia nostra» i messaggi che si scambiano le vittime dei suoi raggiri. «Tanto prima o poi lo pizzicano» scrive profeticamente qualcuno. E infatti pochi mesi dopo, esattamente il 7 luglio viene arrestato in Indonesia su mandato della procura di Milano. La sua difesa aveva chiesto e ottenuto i domiciliari e il gip li ha concessi ritenendo «serie e fondate» le sue proposte di restituzione del denaro. Gli era stata concessa anche un' ora per la libera uscita. Tempo che spesso usava per andare a correre a Villa Ada o per incontrare amici nei bar di Roma nord. Ma soprattutto per andare a mangiare gli amati tagliolini al tartufo. Ieri la sua ultima ora di libertà.