PERUGIA - «Volendo far mangiare (…), le si metteva alle spalle, con la mano sinistra le bloccava il capo contro il suo ventre e le infilava, spingendolo, il cucchiaio con il cibo all'interno della bocca: nel momento in cui la bambina iniziava a gridare, lei le urlava che non le interessavano le sue azioni; inoltre cercava di farle ingoiare del cibo, non considerando la situazione di pericolo». È questa una delle accuse più pesanti contestata dal pubblico ministero Mario Formisano alla titolare dell'asilo Giamburrasca di Corciano indagata per maltrattamenti e allontanata dalla sua struttura con il divieto di avvicinamento disposto dal gip Angela Avila.
Un'accusa ancora più pesante considerando che la piccola vittima delle presunte violenze è una bambina speciale, soffre di disturbo dello spettro autistico e certamente l'attenzione che le andava dedicata – oltre a non comprendere in nessun caso la violenza fisica - era diversa.
Quando dovrà spiegare non solo la sua versione dei fatti raccontati dalla sua stessa dipendente, ma anche quanto raccolto in un mese di riprese audiovisive effettuate a sua insaputa dai carabinieri. La collega che ha denunciato per prima i fatti – ma risulta almeno un'altra denuncia di due genitori nel 2019 per le escoriazioni con cui il figlio di pochi mesi tornava a casa – ha raccontato come all'inizio del suo impiego al Giamburrasca la titolare le avrebbe detto «che quando i bambini non le ubbidivano o commettevano qualche marachella, doveva prenderli e dare loro una sculacciata come “insegnamento”. Era questa l'impostazione dell'indagata», ha ricostruito Avila. Un'impostazione quanto meno troppo rude che si sostanzia in diversi episodi ricostruiti dagli inquirenti, con bimbi strattonati, lasciati piangere al buio, insultati a parolacce irripetibili anche a un maggiorenne, ci si figuri davanti a bimbi tra pochi mesi e tre anni. Come la bimba «trascinata per un braccio» e poi sculacciata o messa «bruscamente a letto in posizione supina, con la testa rivolta verso il basso». O il bambino che rifiutava di mangiare apostrofato così: «Guarda che non ti do più da mangiare, va bene, ciao» e infine spinto «facendolo cadere a terra, battendo la nuca sul pavimento. In seguito a tale colpo, il bimbo iniziava a piangere, ma ella non se ne curava ed anzi lo spingeva, facendolo strisciare a terra, al fine di fare posto ad un'altra bambina che aveva afferrato per una gamba».
Una serie di comportamenti almeno inadeguati che adesso l'indagata dovrà spiegare. Ai magistrati prima e poi alle famiglie che le hanno affidato i loro figli.
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