Inquilino non paga l'affitto: torturato e sequestrato dal proprietario di casa e alcuni complici. Lui riesce a fuggire dalla finestra, è gravissimo

Il 38enne seviziato da una banda guidata dal padrone di casa. Il racconto: «Volevano anche darmi fuoco». In manette i cinque aggressori

Mercoledì 12 Ottobre 2022
Castel Gandolfo, sequestrato e torturato perché non paga l’affitto: gli doveva 2mila euro
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Arancia Meccanica con droga party in una villetta di Castel Gandolfo, a sud di Roma, vittima un muratore italiano di 38 anni colpevole di non avere pagato duemila euro di affitto al suo proprietario di casa, un incensurato di cinquant’anni.

L’uomo è stato prelevato dalla sua abitazione nella cittadina sul lago domenica pomeriggio, portato via in un altro “covo” in via di Santo Spirito e qui torturato, picchiato, colpito con il bastone di una tenda, ferito a una gamba con il machete, minacciato di violenze sessuali e finanche costretto a ripulire da terra il suo stesso sangue con lo straccio, per diciotto lunghissime ore. La vittima è riuscita a sottrarsi ai suoi aguzzini solo lunedì mattina con una scusa: ha chiesto di potere andare in bagno, ha aperto il rubinetto dell’acqua e l’ha lasciata scorrere per celare i rumori e nel frattempo si è guadagnato la fuga scavalcando da una finestra. Gonfio e tumefatto ha chiesto aiuto al portiere di un vicino Golf Country Club che ha subito chiamato i carabinieri liberandolo dall’incubo. «Mi gridavano: ti diamo fuoco», ha raccontato sotto choc ai soccorritori e ai militari della Compagnia locale mentre veniva portato in ambulanza al policlinico di Tor Vergata.

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Modalità efferate 

Il raid, insomma, ricorda quello dell’Alex e i suoi fidati “drughi” descritto da Stanley Kubrick nella pellicola cult degli Anni ‘70: botte e violenza solo per il gusto di fare del male. Solo che questa volta la spedizione punitiva era reale e ordita da Gianluca Borri, 50 anni, il conduttore dell’appartamento che voleva indietro i suoi soldi, insieme con quattro amici, due di zona e altri due assoldati al Corviale. Tutti hanno precedenti per stupefacenti e violenze contro la persona. Dal pestaggio volevano ricavare denaro per la coca, l’affitto era solo un pretesto.
Il gip di Velletri Natalia Catena, disponendo per loro il carcere, non ha esitato a sottolineare come le modalità del fatto «incredibilmente efferate», oltretutto «per poche centinaia di euro», denotino «una violenza e una aggressività di notevolissimo livello, non avendo gli indagati avuto alcuno scrupolo nel malmenare, colpire e infliggere numerose ferite alla vittima inerme, giungendo addirittura a umiliarla imponendole di ripulire il suo stesso sangue (...)». Le loro sono «personalità prive di qualunque argine dettato dal rispetto dell’altro». 
L’unico momento di tregua la vittima lo aveva avuto dopo diverse ore, quando la furia dei carcerieri ha cominciato ad attenuarsi man mano che consumavano, nel corso delle torture, la cocaina comprata con i 460 euro rubati nel suo portafoglio, fino a che, stanchi, non hanno deciso di addormentarsi costringendo il 38enne a stendersi sopra una coperta sul pavimento, rimanendo però svegli a turno per sorvegliarlo. Uno di loro, Gianluca Panetta, 35enne di Cecchina, gli ha anche scattato una foto inviata per vanto al padre: «A questo l’ho pestato». 

 

 


«Ti tagliamo le dita»

Domenica pomeriggio Massimo Sampieri, 50 anni, di Corviale, e «Gianluca di Cecchina» a bordo della Dacia di quest’ultimo piombano a casa dell’operaio. Lo riempiono di schiaffi e pugni, lo caricano e lo portano nella villetta di Alessandro Santoro, 56 anni che lo attendeva insieme con il 66enne Ettore Pagnoni, e Borro, sopraggiunto in scooter. Da quel momento l’uomo è in loro balìa: gli tolgono soldi, telefono e bancomat; lo aggrediscono col bastone della tenda che si spezza in più punti e con la lama del machete lo feriscono alla gamba sinistra. Nell’escalation si rischi la mattanza. «Pretendevano altri 4.600 euro - il racconto dell’operaio - mi dicevano di chiederli come anticipo al mio datore di lavoro, che se non lo avessi fatto mi avrebbero tagliato un orecchio e alcune dita delle mani». 
 

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Le dichiarazioni del 38enne hanno trovato puntuale riscontro nelle indagini lampo dei carabinieri che nella villetta degli orrori hanno rinvenuto lo straccio sporco di sangue, il bastone metallico rotto e il machete. Dall’analisi delle celle telefoniche e dalle ultime chiamate sono risaliti ai quattro uomini sconosciuti dall’operaio. «Il proprietario di casa mi aveva già minacciato e staccato la luce», ha detto il 38enne, medicato per i traumi facciali multipli, una lesione della gamba sinistra, la perforazione di un timpano, la rottura del setto nasale e alcune lesioni interne polmonari, per fortuna non gravi.
I cinque sono, in concorso tra loro, indiziati dei delitti di sequestro di persona, tentata estorsione, rapina aggravata, lesioni personali aggravate ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone. 

Ultimo aggiornamento: 13 Ottobre, 09:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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