Covid, le carte della Procura: «4000 morti evitabili». Dai ritardi di Conte alle omissioni di Fontana

Bergamo, le accuse dei pm ai 19 indagati. Nelle mail la sottovalutazione dei contagi. Ritardi nell’avvio della zona rossa e del piano pandemico già in vigore dal 2006

Giovedì 2 Marzo 2023
Covid, le carte della Procura: «Da Conte a Fontana tutte le omissioni costate 4000 morti»

Nonostante gli allert dell’Organizzazione mondiale della sanità diffusi a partire dal 5 gennaio 2020, e nonostante fosse in vigore già da 14 anni il piano nazionale per far fronte a una pandemia (sebbene influenzale), l’Italia tardò drammaticamente ad applicare le prescrizioni previste. Tutto questo contribuì all’ecatombe che ha segnato la storia del nostro Paese. Sono tante le cose che non hanno funzionato, secondo quanto emerso nell’inchiesta della Procura di Bergamo. Rischiano di finire a processo 19 persone, dalla classe politica - compreso l’allora premier Giuseppe Conte e il suo ministro alla Salute Roberto Speranza - ai dirigenti e tecnici delle istituzioni sanitarie nazionali e locali.

I reati contestati, a seconda delle posizioni, sono: omicidio colposo di 57 persone, epidemia colposa, lesioni colpose nei confronti di 34 operatori sanitari, falso e rifiuto di atti d’ufficio.

LE ACCUSE

Secondo i pm, a livello nazionale, non venne verificata tempestivamente la dotazione di mascherine, guanti, tute e sovrascarpe per il personale sanitario. La richiesta alle regioni sulle giacenze fu inoltrata «solo il 4 febbraio». E «solo il 6 marzo» venne bandita una procedura negoziata per l’acquisto di dispositivi medici per terapia intensiva e sub-intensiva, «non provvedendo - come si legge nel capo di imputazione - al tempestivo approvvigionamento alla luce dell’insufficienza delle scorte». Inoltre, «solo il 24 febbraio» si diede avvio al censimento dei reparti di malattie infettive pubblici e al numero di ventilatori polmonari presenti nelle strutture di ricovero. Non venne nemmeno «verificata - secondo l’accusa - l’adeguata formazione del personale sanitario, anche con lo svolgimento di specifiche esercitazioni.
«Non furono attuati i protocolli di sorveglianza per i viaggiatori provenienti da aree affette», come appunto avvenne per la coppia di turisti cinesi (i primi risultati positivi al Covid in Italia). La sorveglianza fu limitata solo ai voli diretti provenienti dalla Cina, e non a quelli indiretti, come previsto dal Piano nazionale pandemico del 9 febbraio 2006. Inoltre, l’allora capo della protezione civile Angelo Borrelli «solo a partire dal 26 febbraio 2020» istituì la “Piattaforma per caricare i dati finalizzati alla sorveglianza epidemiologica».

LA MAIL DI FONTANA

Il Comitato tecnico scientifico (Cts) istituito dalla Protezione civile il 5 febbraio 2020 è accusato, in concorso con Conte e il governatore della Lombardia Attilio Fontana, di non aver esteso per tempo la “zona rossa” ai comuni della Val Seriana (inclusi Alzano Lombardo e Nembro), «nonostante l’ulteriore incremento del contagio» nella regione e «l’avvenuto accertamento delle condizioni che, secondo il Piano Covid, corrispondevano allo scenario più catastrofico». Questo comportò - secondo i pm - almeno 4.148 morti in più in quel territorio. In particolare Fontana, con due distinte mail del 27 e 28 febbraio inviate a Conte, «non segnalava alcuna criticità relativa alla diffusione del contagio in va Seriana», «e dunque non richiedendo ulteriori e più stringenti misure di contenimento, nonostante avesse piena consapevolezza che l’indicatore “r0” avesse raggiunto valore pari a 2». 

 

LA DIFESA DI CONTE

«Oggi c’è quasi una rimozione collettiva, ma è stato un virus invisibile con cui abbiamo lottato quasi a mani nude, perché siamo stati il primo paese occidentale più colpito - ha spiegato ieri il leader del M5S - Non c’era un vademecum, abbiamo seguito un percorso e ritengo di avere agito con massimo impegno, senso di responsabilità e umiltà nel confronto con gli scienziati, che non esibivano certezze nella prima fase della pandemia». «Sono assolutamente disponibile a offrire la mia massima collaborazione in tutte le sedi giudiziarie che mi verranno offerte - ha precisato Conte - per le vittime di Bergamo, ma non solo: dobbiamo onorare 188mila morti in tutto il territorio nazionale. Questa è una ferita che non si rimargina».
A Brescia intanto è già stato costituito il tribunale dei ministri che dovrà valutare le posizioni di Conte e Speranza. Lo presiederà una donna, Mariarosa Pipponzi, presidente della sezione lavoro del tribunale di Brescia, che sarà affiancata da altri due magistrati, tutti estratti a sorte. I giudici avranno 90 giorni per decidere se archiviare oppure trasmettere gli atti al procuratore capo di Bergamo, per chiedere l’autorizzazione a procedere alla Camera competente.

GIUSEPPE CONTE

«Firmò in ritardo le restrizioni»

L’ex premier Giuseppe Conte è accusato di omicidio colposo, insieme ad altri 14 indagati, per aver «cagionato per colpa la morte» di 57 persone, contagiate dal Covid e poi decedute a Bergamo tra il 26 febbraio e il 5 maggio del 2020. L’altra contestazione è l’epidemia colposa, per aver contribuito alla diffusione del virus in Val Seriana ad almeno 4.148 contagiati, non istituendo altre zone rosse. La sua posizione, e quella di Roberto Speranza, saranno vagliate dal Tribunale dei ministri.

ROBERTO SPERANZA

«Ha ignorato gli alert dell'Oms»

Roberto Speranza, ex ministro alla Salute, è accusato di omicidio colposo, per la morte di 57 persone, e di epidemia colposa, per il contagio di almeno 4.148 persone. Secondo la Procura di Bergamo, infatti, già a gennaio 2020 c’erano una serie di campanelli di allarme (a cominciare dagli alert dell’Organizzazione mondiale della sanità) che avrebbero dovuto indurre il ministro Speranza e gli altri indagati ad attuare protocolli di sorveglianza.

ATTILIO FONTANA

«Non ha segnalato criticità al governo»

Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana è indagato per omicidio colposo plurimo ed epidemia colposa. Con due distinte mail del 27 e 28 febbraio 2020 inviate all’allora premier Giuseppe Conte ha richiesto «il sostanziale mantenimento delle misure di contenimento già vigenti in Lombardia, non segnalando alcuna criticità relativa alla diffusione del contagio nei comuni della Val Seriana e dunque non richiedendo ulteriori e più stringenti misure».

GIULIO GALLERA

«I posti nei reparti non vennero calcolati»

Giulio Gallera, ex assessore alla Sanità della Lombardia (di recente “trombato alle elezioni regionali), è accusato di omicidio colposo plurimo e della diffusione incontrollata del Covid. Secondo l’accusa la sua “colpa” consiste nel non aver censito i posti letto nei reparti di malattie infettive degli ospedali lombardi e non aver verificato tempestivamente la dotazione di dispositivi di protezione individuale, né di aver garantito la formazione adeguata del personale sanitario.

ANGELO BORRELLI

«Pochi controlli sui voli dalla Cina»

Ad Angelo Borrelli, ex capo della Protezione civile, si contesta di non aver attuato protocolli di sorveglianza sui voli indiretti provenienti dalla aree infette, limitandoli solo ai voli diretti dalla Cina. Per questo è accusato di omicidio colposo plurimo, epidemia colposa e omissione d’atti d’ufficio. Avrebbe infatti «indebitamente rifiutato un atto d’ufficio che per ragioni di sanità pubblica doveva essere compiuto senza ritardo».

SILVIO BRUSAFERRO

«Lenta registrazione dei dati pandemici»

Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità e membro del Comitato tecnico scientifico, è accusato di aver «proposto di non dare attuazione al Piano pandemico, prospettando azioni alternative, così impedendo l’adozione tempestiva delle misure in esso previste». Venne avviato «solo a partire dal 26 febbraio 2020 la Piattaforma per caricare i dati finalizzati alla sorveglianza epidemiologica».

Ultimo aggiornamento: 4 Marzo, 09:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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