C’è un sospettato per l’omicidio di Ponte Sisto. Gli inquirenti stanno cercando un conoscente di Imen Chatbouri, l’ex campionessa di atletica tunisina di 37 anni trovata morta all’alba del 2 maggio sulla banchina del Tevere dopo un volo di una ventina di metri. Il ricercato è un uomo che si sarebbe vendicato dopo essersi sentito respinto. E che ha ucciso Misciù, come era conosciuta Imen, senza armi, ma solo con una spinta. Afferrandola alle caviglie mentre lei era poggiata sulla balaustra del ponte e buttandola giù. Un femminicidio da manuale, mascherato da suicidio.
L’assassino aveva immaginato che il caso venisse archiviato così: nessun segno di colluttazione sul corpo, il gesto disperato di una ragazza disorientata che voleva farla finita. O che, al massimo, aveva perso l’equilibrio da ubriaca. Invece gli inquirenti, che procedono per omicidio premeditato, hanno ricostruito con spezzoni di filmati l’orrenda morte e il piano diabolico. E sono risaliti dritti a lui. All’uomo che la notte tra il primo e il due maggio è uscito da un bar di piazza Venezia assieme a Imen Chatbouri - avevano bevuto qualche drink assieme - e che poi la ragazza pensava di essersi lasciata alle spalle. Ma che, invece, l’aveva pedinata con circospezione.
IL FIDANZATO
I sospetti sul fidanzato di Imen, un giovane olandese, si sono dissolti definitivamente l’altra sera: quando gli investigatori della Mobile gli hanno detto che era stato convocato in questura perché Imen era morta, ha pianto. Era un rapporto strambo e allacciato da poche settimane, il loro, ma ognuno a suo modo teneva all’altro. Chi l’ha interrogato, però, già sapeva di non avere davanti l’assassino: nessuna corrispondenza fisica con l’uomo dei filmati, di cui, per obblighi investigativi, non è stata rivelata l’identità. Sapeva, però, che avrebbe potuto fornire elementi utili per risalire a chi aveva ucciso Imen. «Anche io la sera prima per un po’ sono stato con Imen e con quel nuovo amico», ha detto. E allora il cerchio si è ristretto.
L’assenza dei segni di violenza aveva in un primo momento spinto gli investigatori a non escludere il suicidio o la caduta accidentale, anche se chi conosceva bene Misciù sapeva che aveva una vita un po’ sgangherata, tra alcol e locali notturni, ma sempre con lo sguardo in avanti. La mamma, le sorelle, le amiche non hanno avallato nemmeno per un istante quella pista: «Ha affrontato un tumore con coraggio e anche la fine di un matrimonio. Viveva di piccole soddisfazioni», hanno detto.
I FILMATI
Così, a stretto giro, analizzati i filmati delle telecamere di videosorveglianza disseminate da piazza Venezia a Trastevere, il procuratore aggiunto Maria Monteleone e il pm Antonio Verdi, che hanno ereditato il fascicolo da un collega, hanno modificato l’ipotesi iniziale di omicidio colposo con quella di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione.