«Desirée poteva salvarsi», si indaga sull'amica che ha girato la testa

Lunedì 29 Ottobre 2018 di Michela Allegri
«Desirée poteva salvarsi», si indaga sull'amica che ha girato la testa
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ROMA Almeno dieci persone avrebbero potuto salvarla. È morta a 16 anni tra l’indifferenza di tutti quelli che erano presenti la notte in cui è stata stuprata e uccisa, mentre la sua famiglia aveva forse sottovalutato il peso di quella dipendenza che l’aveva travolta. Perché Desirée Mariottini aveva iniziato a frequentare lo stabile abbandonato in via dei Lucani, nel quartiere di San Lorenzo, da un mese. Da due settimane, invece, andava lì tutti i giorni, alla disperata ricerca di droghe.

La notte tra il 18 e il 19 ottobre almeno dieci persone erano con lei, non solo i componenti del branco che l’ha sedata, drogata, violentata e poi lasciata morire, impedendo anche di chiamare i soccorsi. C’erano anche alcune ragazze, Antonella, Muriel, Narcisa, Giovanna, Noemi, e i suoi nuovi amici Alexander e Nasco. «Sta t... di m...», le avrebbe urlato contro una delle donne, Muriel, proprio quando stava morendo, dopo avere aiutato il branco a spostare il suo corpo nudo. È proprio lei che ora rischia accuse pesanti. A contraddire il suo racconto è Giovanna, 30 anni, italiana. I pm prevedono l’iscrizione sul registro degli indagati di altre persone. Per omissione di soccorso, o, addirittura, per concorso in omicidio. I verbali di tutti i presenti individuati finora, sono agli atti dell’inchiesta del pm Stefano Pizza. Intanto, oggi verrà interrogato a Foggia Yusif Salia, il quarto componente del branco arrestato per omicidio e stupro di gruppo. Gli altri tre, Mamadou Gara, Brian Minthe e Chima Alinno sono a Regina Coeli.

GIOVANNA
«Ho conosciuto Desirée una decina di giorni fa, la mia coinquilina l’ha accompagnata per la prima volta in via dei Lucani - dice Giovanna agli agenti della Squadra mobile, quando la sentono il 22 ottobre - ho cercato di dissuaderla, quel posto era pericoloso, soprattutto per una non africana o “bianca”». Giovanna spiega che «Ibrahim - cioè Brian Minthe, ndr - più volte mi ha chiesto di avere dei rapporti con lui, ma non ho mai accettato. Non escludo che possano avere avuto dei rapporti con lei anche post morte». Giovanna punta il dito contro una delle altre donne: Muriel, 35 anni, nata in Congo, che sarebbe stata presente per quasi tutta la serata e avrebbe spostato e rivestito il corpo esanime della ragazzina. «All’1,30 sono tornata e ho trovato Muriel che inveiva contro Desirée gridando: “Sta t... di m... è andata a fare i p... per un tiro”, per poi salutarmi come se nulla fosse». Erano i minuti subito successivi alla morte di Desirée: «Yusif piangendo diceva che era morta... ho provato a farle un massaggio cardiaco... gridavo di chiamare un’ambulanza e Sisco, rivolgendosi a Ibrahim ha detto: “Te lo avevo detto di lasciarla lì nel container, perché l’hai portata qui!”». Agli inquirenti, invece, Muriel ha raccontato di essersene andata da via dei Lucani alle 20,25. «L’ho spostata su un materasso... in quel momento non mi sono resa conto che fosse in pericolo di vita... le ho dato acqua e zucchero... alle 20,25 mi sono allontanata». Sarebbe stata lei, dopo le 3 di notte, a chiamare i soccorsi da una cabina telefonica. I testimoni parlano anche di altre due persone: «Samir, che ho saputo che avrebbe avuto rapporti con Desirée», e Koffy. 

IL PALO
Di lui si ricorsa Nasko. Racconta che, mentre Desirée veniva violentata dentro il container, lui stava fuori a fare il palo: «Mi ha detto di non entrare, usciva Yusif e vedevo che dentro c’era un altro sdraiato». «Yusif l’ha portata dentro un container - dice invece Alexander - l’ho visto fare sesso con lei, c’era anche Paco - è il soprannome di Mamadou, ndr - mi sono addormentato. Verso le 18 c’erano Yusif, Sisco - cioè Alinno, ndr -, Ibrahim, Antonella e Muriel... la sentivo chiedere perché Desirée fosse nuda, l’ha rivestita... Desirée era incosciente, come molto ubriaca... aiutavo Yusif, Ibrahim e Muriel a portarla fuori dal container, esortavo tutti a chiamare l’ambulanza, ma Yusif mi bloccava dicendo che stava bene, non insistevo per perché avevo paura che mi picchiasse». Verso le 3, dopo il decesso, «Ibrahim, Sisco, Muriel, Giovanna e io, ci allontanavamo temendo che la polizia ci ritenesse tutti responsabili».

LA DENUNCIA INASCOLTATA
Dai verbali emerge anche che il giorno dopo i fatti un nordafricano si era presentato in commissariato per raccontare quello che aveva visto, ma non gli avevano creduto: «Mi ha detto che lo avevano mandato via dicendo che era in stato di ebbrezza», ha dichiarato un altro testimone.

Intanto, dopo le richieste del sindaco Virginia Raggi, dal Viminale fanno sapere che il dossier “sicurezza a Roma” è tra le priorità del ministro Matteo Salvini.

Ultimo aggiornamento: 30 Ottobre, 14:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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