Omicidio Fortuna, la psicologa: «I bimbi cancellano gli abusi, ecco come li ho fatti parlare»

Sabato 14 Maggio 2016 di Carmen Fusco
Omicidio Fortuna, la psicologa: «I bimbi cancellano gli abusi, ecco come li ho fatti parlare»

 «I bambini del parco Verde di Caivano sono uguali agli altri, potenziali vittime di abusi lì come altrove»: ne è convinta Rosetta Cappelluccio, la psicologa dei piccoli protagonisti di una storia raccapricciante di morte e violenza. È lei che ha ascoltato a lungo i bambini del palazzo dell'isolato, i fratellini e le amichette di Fortuna Loffredo e Antonio Giglio. Il 18 e il 19 maggio è fissato l'incidente probatorio, saranno riascoltati i piccoli e le loro parole saranno cristallizzate come elemento di prova nel processo.


Dottoressa Cappelluccio, nella ricerca di una verità tanto crudele quanto assurda lei ha avuto un ruolo delicato. Come si fa a farsi raccontare certe storie senza correre il rischio di rigirare il coltello nella piaga e quindi provocare altri drammi ed altri traumi?


«Occorre lavorare con cautela e pazienza. Per ottenere i risultati non bisogna correre perchè prima di tutto bisogna creare un legame di confidenza con i bambini. Loro devono potersi fidare, devono acquisire la consapevolezza che in chi li ascolta troveranno protezione, accoglienza. Soprattutto, un amore materno».

Quanto tempo ci è voluto per sbloccare i piccoli che ha ascoltato?

«Due anni».

Un'eternità. E come è riuscita a far aprire quei bambini maltrattati nel corpo e nello spirito?

«Con i bambini ci vuole tanta delicatezza e tanta accortezza anche perché non sempre gli indici di abuso sono evidenti. Per fare in modo che loro si sciolgano utilizziamo varie tecniche come il colloquio che li mette a proprio agio, oppure come il gioco e il disegno. Insomma li portiamo pian piano a ricordare il trauma vissuto per fare in modo che poi se ne liberino, non lo nascondano più».

Lei parla di ricordare ma perchè? Come può un bambino dimenticare certe violenze?

«Perché il primo meccanismo di difesa è quello della rimozione. Si tratta di una funzione cerebrale: si tende a far sì che non resti traccia di certi vissuti drammatici. Ma questo accade solo dopo che i piccoli hanno provato a protestare più volte con gli adulti senza essere ascoltati».

Ma come può un adulto non ascoltare un grido di allarme e di dolore?

«Perché spesso tende a minimizzare, si finge di non capire».

Anche una mamma riesce a fare questo?

«Sì, anche una mamma. Spesso si finge di non capire per vergogna o perché non si vuole e non si può reagire».

In questi casi come reagisce il bambino?

«Protestano. E provano più volte a essere ascoltati poi in assenza di una risposta da parte dell'adulto sono costretti a tollerare e quindi a rimuovere. I bambini in questi casi tendono a frammentare l'episodio dell'abuso e tocca poi alla psicologa ricucire tutti questi frammenti».

E come si esprimono i bambini per raccontare ciò che hanno visto o subito?

«Con il linguaggio che è degli adulti».

Nella storia della piccola Fortuna qual è la cosa che l'ha sconvolta di più?

«Che una pratica così devastante sia diventata normale».

Quanto incide il contesto sociale in simili tragedie?

«Il contesto sociale è un elemento di grosso rischio ma non è l'unico».

E quali sono gli altri fattori che contribuiscono a rendere orchi gli uomini?

«Spesso gli orchi sono stati azzannati da altri orchi. Insomma, vecchie vittime di abusi».

Sta continuando a vedere le bambine?

«Il mio lavoro è terminato»

Ultimo aggiornamento: 15 Maggio, 13:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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