Un verdetto definitivo, che riapre le porte del carcere per Salvatore Buzzi e Massimo Carminati. Il primo è stato catturato dai carabinieri del Ros a Lamezia Terme, nella nottata: dovrà scontare all’incirca altri 6 anni di reclusione.
A quasi 8 anni di distanza dall’operazione “Mondo di Mezzo”, che con due retate (il 2 dicembre 2014 e il 4 giugno 2015) aveva portato all’arresto di 37 e 44 persone, cala il sipario giudiziario sul processo. Sono state confermate dalla Corte di Cassazione le condanne a 10 anni di reclusione per l’ex estremista “nero” e a 12 anni e 10 mesi per l’ex ras delle cooperative “rosse”, stabilite il 9 marzo del 2021 nel secondo processo d’appello. I giudici supremi della seconda sezione penale - presieduta da Luciano Imperiali - hanno infatti rigettato i ricorsi presentati dai due imputati.
IL CARCERE
A questo punto entrambi saranno costretti a tornare dietro le sbarre, pur avendo già scontato circa sei anni e mezzo ciascuno (tra presofferto in carcere e libertà anticipata). Il residuo pena per Buzzi - pari a circa 6 anni - è infatti superiore al minimo consentito per chiedere un affidamento in prova ai servizi sociali. Il teorizzatore dell’ormai famosa metafora corruttiva “la mucca deve mangiare per poter essere munta”, dovrà salutare la moglie Alessandra Garrone (con la quale si era sposato un anno fa) e abbandonare la gestione della hamburgeria aperta in zona Tor Vergata, dove si possono ordinare panini battezzati con i nomi dei protagonisti di “Romanzo criminale”: Libanese, Dandy, il Freddo. A Carminati, invece, restano da scontare altri 4 anni di carcere, all’incirca. E anche se è al limite della soglia per poter ottenere un affidamento in prova ai servizi sociali, lui sconta (a differenza di Buzzi) l’aggravante di essere stato dichiarato “delinquente abituale”.
Nella requisitoria di ieri il procuratore generale delle Cassazione ha sottolineato che le accuse «permangono gravi», pur a fronte della derubricazione di questo sistema delinquenziale in associazione semplice, eliminata l’aggravante di mafia su indicazione della Cassazione. Per il pg, Carminati (che era presente in aula) e Buzzi avevano un «ruolo apicale». Il primo si distingue per il suo «curriculum criminale»; il secondo per «il numero e la gravità delle condotte accertate», sintetizzate «nel pesante e grave inquinamento della cosa pubblica, per il disinteresse per i controlli pubblici, il ribaltamento della logica del mondo delle cooperative».
I PROCESSI PRECEDENTI
La sentenza di primo grado del processo al “Mondo di Mezzo” arriva il 20 luglio 2017 e vede la condanna dei principali protagonisti dell’inchiesta della Procura di Roma a guida Giuseppe Pignatone, ma il mancato riconoscimento dell’associazione mafiosa. Nel primo processo di appello, nel settembre del 2018, i giudici condannano Carminati a 14 anni e mezzo e Salvatore Buzzi a 18 anni e 4 mesi. Ad entrambi viene riconosciuto il 416bis, contestazione poi caduta in Cassazione nell’ottobre del 2019. Di qui il processo d’appello bis, col ricalcolo della pena, al ribasso.
LE DIFESE
«La riteniamo una sentenza ingiusta e il trattamento sanzionatorio è eccessivo. Probabilmente la gravosità della pena determinata dalla Corte d’appello nel giudizio rescissorio e confermato dalla Cassazione appare quasi avere una funzione diretta a riequilibrare la precedente sentenza con la quale è stata annullata l’accusa di mafia, imputazione errata rispetto alla quale Buzzi non ha avuto nessuna colpa», commenta l’avvocato Piergerardo Santoro difensore, insieme al collega Alessandro Didddi, di Salvatore Buzzi. «Una sentenza che mal si concilia con l’attuale orientamento della riforma Cartabia diretto al recupero della persona al di là del sistema carcerario», sottolinea il penalista.