La morte di Willy, la criminologa Bruzzone: «La gente ha paura di denunciare perché il criminale esce presto» Video

Martedì 8 Settembre 2020 di Valeria Arnaldi
La morte di Willy, la criminologa Bruzzone: «La gente ha paura di denunciare perché il criminale esce presto»

Guseppe Mastini, noto come Johnny lo Zingaro, evaso dal carcere di massima sicurezza di Cagliari: dopo un permesso premio, non è rientrato, come aveva già fatto. Willy Monteiro Duarte, 21anni, pestato a morte da un branco: sono in tanti ora nella zona a dire che tutti sapevano ma che non è stato fatto nulla. Storie diverse, accomunate dalla sensazione che si potessero evitare.

Roberta Bruzzone, criminologa, cosa sta accadendo nel nostro Paese?
«Tra la gente c'è una sensazione diffusa di impunità. La percezione che si ha della tutela, specie di quella carceraria, non è alta. L'evasione di Johnny lo Zingaro non è la prima e temo non sarà l'ultima di soggetti, pure con condanne gravi, che ottengono un permesso premio e poi non rientrano in carcere. In questo caso, peraltro, la condotta era già stata messa in atto. Episodi di tale tipo contribuiscono a far sì che la gente, anche perbene, sia portata a non denunciare condotte aggressive, nel timore di ritrovare poi coloro che ha accusato, dopo poco tempo, sotto casa. Nel caso di Willy, gli aggressori condividono principi delinquenziali. E gli amici dei responsabili sono ancora in libertà».

È troppo facile uscire dal carcere?
«Il nostro sistema è profondamente garantista, pure laddove gli iter processuali sono definitivi. Salvo rari casi con l'ergastolo ostativo, si può accedere ai permessi premi, alle scarcerazioni anticipate, agli sconti di pena. Praticamente, con un anno di condanna, si scontano effettivi nove mesi».

E questo può spingere la gente a non parlare, come nel caso di Willy?
«Certo. Pensiero abbastanza comune è che dopo un mese, o magari un anno rivedi le persone che hai denunciato. Così, è difficile prendere posizione contro soggetti violenti. Si temono ritorsioni. Gli aggressori di Willy erano di certo noti nella zona, ma temo sarà difficile che parli chi ha le prove della loro condotta nel medio e lungo periodo».

Ci sono molti, soprattutto donne,che denunciano aggressori ma invano: c'è anche un problema di tempestività? «I tempi della giustizia non sono come quelli che immaginiamo, diciamo da telefilm. Il sistema del codice rosso è buono, ma in città come Roma e Milano, arrivano 40/50 denunce al giorno in codice rosso ma non tutte con il medesimo livello di pericolosità».

Come si dovrebbe intervenire?
«Dando una formazione specifica a chi fa le valutazioni in maniera diretta.

Bisogna essere molto bravi a stabilire le gerarchie. Occorre una preparazione ad hoc, anche per la capacità di prevedere le condotte di taluni soggetti. In alcuni Paesi c'è e le cose vanno meglio».

Ultimo aggiornamento: 9 Settembre, 09:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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