Come se nulla fosse stato. In questo buco nero che è il Parco Verde e le sue piazze di spaccio tutto viene inghiottito in fretta. E tra questa orrida edilizia non ci hanno messo molto a voltare pagina sull’atroce morte di un ventenne. Tradito da chi si fidava. Rapito. Portato in campagna e ucciso con due colpi o forse più alla nuca. Qui Antonio Natale, «uno di noi», ventenne del Parco Verde perso nel vortice del narcotraffico, scomparso la sera del 4 ottobre scorso, ritrovato cadavere lunedì pomeriggio nelle devastate campagne di Casola, a ridosso di un altro girone infernale quale è il campo rom abusivo, fa ormai parte del passato. Perché è regola, bisogna dimenticare in fretta. Ma c’è anche un presente, fatto di freddi numeri che danno l’esatta dimensione della strage di giovanissimi che si sta consumando nell’area metropolitana, dove i «vecchi» boss hanno lasciato spazio ai ragazzi. Un salto generazionale verso il camposanto. Ed è in questo scenario che è maturato l’omicidio di Antonio Natale, pizzaiolo in Germania, che si è messo a giocare con il fuoco del narcotraffico al ritorno a Caivano per i lockdown.
Caivano, trovato il cadavere di Antonio Natale: il 22enne del Parco Verde sparito due settimane fa
Con il passare delle ore, nonostante l’impenetrabile cortina di silenzio degli inquirenti – le indagini sono svolte dai carabinieri del nucleo investigativo di Castello di Cisterna con il coordinamento della Dda di Napoli - qualcosa pure è trapelato. Come la caccia all’uomo, a zio e nipote che il 4 ottobre si trovavano insieme ad Antonio Natale e al suo amico Domenico, e che da quella data sono letteralmente scomparsi nel vuoto più assoluto. Due le ipotesi su questa circostanza: o sono trattenuti contro la loro volontà perché sanno più di qualcosa, oppure sono coinvolti in prima persona in questa tragica vicenda e hanno cambiato aria per evitare la galera.
In queste ore di frenetica attività investigativa all’attenzione degli inquirenti c’è anche il brutale pestaggio subito da Antonio Natale tre giorni prima della sua scomparsa. Una lezione a suon di pugni e calci, un ultimo avvertimento prima della inevitabile sentenza di morte? E ancora. Ci sono delle responsabilità dirette di Antonio nella sparizione di una forte somma, si parla di circa 80mila euro rubati insieme ad alcune armi dal deposito della piazza di spaccio, retta a vent’anni dal fratello di Domenico? E cosa hanno dichiarato i famigliari della vittima ai carabinieri? Di certo in pubblico e nelle trasmissioni televisive alle quale hanno preso parte per lanciare l’appello dapprima al rilascio di Antonio e poi alla restituzione del corpo, sono stati gli stessi parenti, mamma e fratello della vittima compresi, a dichiarare che il loro congiunto era finito nel giro dello spaccio di droga, tanto che erano intenzionati a denunciare il ragazzo. «Meglio in carcere che morto», aveva gridato la mamma in un’intervista. Tasselli che in attesa dei risultati dell’autopsia gli inquirenti stanno cercando di ricomporre.
In questa tragica vicenda, si è inserita suo malgrado una chiromante, che in tempi di epidemia riceve solo on line e in video chiamata.