Il poliziotto infedele che copriva gli Spada. Antonio Franco, dirigente del commissariato di Ostia dal 2009 al 2016, è stato condannato a nove anni di carcere dai giudici dell’ottava sezione collegiale del tribunale di Roma.
LA STORIA
Una storia di slot machine - dalle carte emerge come il dirigente di polizia avesse quasi un’ossessione per il gioco d’azzardo - ma anche di bustarelle. Franco avrebbe accettato regali e tangenti dall’imprenditore Mauro Carfagna, vicino a Ottavio Spada, nipote del capoclan Carmine Spada, detto “Romoletto”, e di Roberto Spada, arrestato - e ora in libertà - per la famosa “testata” ai danni del giornalista Daniele Piervincenzi. In cambio, Franco avrebbe avvisato l’amico di imminenti controlli nelle sale giochi gestite da quest’ultimo e si sarebbe speso per fargli risolvere pratiche amministrative e gli avrebbe suggerito come comportarsi per evitare guai. Anche per l’imprenditore è arrivata la sentenza. Nei suoi confronti, i giudici hanno disposto una condanna a 6 anni e mezzo. Mauro Carfagna, titolare di alcune sale giochi frequentate dal commissario, è accusato di avere corrotto Franco al fine di non fare risultare la presenza di Ottavio Spada che nei locali dell’imprenditore gestiva il bar. Il poliziotto avrebbe così “pilotato” i controlli degli agenti ai suoi ordini nelle attività di Carfagna. Quest’ultimo sarebbe inoltre stato informato preventivamente dei blitz e avrebbe ricevuto, sempre da Franco, indicazioni e suggerimento su come nascondere le eventuali irregolarità. L’ex dirigente di Polizia avrebbe inoltre aiutato l’imprenditore ad eludere l’esecuzione di uno sfratto esecutivo, impedendo l’intervento della forza pubblica e avrebbe cercato di nascondere la presenza del boss nella sala giochi.
L’INCHIESTA
Nell’inchiesta dell’epoca finirono oltre dieci persone: tra gli indagati, anche alcuni appartenenti alle forze dell’ordine vicini a Carfagna, definito dagli inquirenti «socialmente pericoloso e inserito in un contesto criminale lidense di indubbio spessore». In cambio dei “favori”, Franco chiedeva soldi, a partire dal pagamento di quattromila euro dell’affitto dell’appartamento locato dall’ex dirigente di polizia. Il poliziotto, poi, avrebbe mentito anche nelle relazioni di servizio, fingendo appostamenti, violando il sistema informatico per garantirsi l’impunità e costruirsi alibi, e anche gonfiando le ore di lavoro per aumentare il lavoro “straordinario”. Poi, c’è la condotta «contra legem» dei soggetti con cui Antonio Franco è venuto in contatto». «Mauro Carfagna - scrivono i giudici - passa da Roberto Pergola, ossia la Banda della Magliana, a Ottavio Spada, detto Marco, per ottenere, nei suoi locali, protezione, e, probabilmente, flussi di denaro». Una storia che potrebbe essere il soggetto di una fiction criminale. Ma dove di finzione non c’è nulla.
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