Difesa, scandalo affittopoli: 3.600 case occupate senza titolo da parenti di ex militari

Venerdì 17 Gennaio 2020
Inchiesta sull'Affittopoli della Difesa: 3.600 alloggi occupati senza titolo da parenti di ex militari

L'affittopoli del ministero della Difesa si snoda da nord a sud, a macchia di leopardo. Soggetti senza titolo, che continuano ad occupare indebitamente appartamenti nelle zone più prestigiose delle città italiane. La procura di Roma ha aperto un fascicolo e saranno esaminati i singoli casi. Ma le cifre sono enormi: circa 3.600 alloggi di servizio sono attualmente a disposizione di persone che non hanno alcun titolo per beneficiare di questo privilegio. I canoni sono irrisori, appena poche centinaia di euro, mentre centinaia di militari sono in attesa dell'assegnazione. È stato lo stesso ministero a trasmettere il dossier ai pm, dopo avere inviato lettere di sollecito agli interessati, affinché lasciassero gli appartamenti e, in alcuni casi, intrapreso le vie legali. Ma le procedure sono molto complesse, proprio per le tutele previste dalla legge. Una vicenda sulla quale la Corte dei Conti aveva lanciato l'allarme già nel 2015.

A vivere indebitamente negli alloggi di servizio sono nella maggior parte dei casi ex militari con il titolo concessorio scaduto. Ma nell'elenco ci sono soprattutto figli o vedove, che avrebbero da tempo dovuto lasciare l'appartamento destinato al padre o al marito defunto, e invece continuano ad occupare le case. Nella lista dei sine titulo ci sarebbero anche parenti di esponenti dell'Esercito, della Marina o dell'Aeronautica, che pagano il canone a nome del titolare della concessione. In pochi casi si tratterebbe, invece, di alloggi assegnati nel tempo anche al personale amministrativo del ministero.

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La mappa completa dei sine titulo è stata messa a punto nei mesi scorsi dallo Stato maggiore della Difesa e trasmessa alla procura di Roma. Un lavoro non facile per il pm Gennaro Varone, titolare del fascicolo, che dovrà esaminare tutti i casi e stabilire quali reati si configurino. La competenza è della procura di Roma e non di quella militare, perché la maggior parte degli occupanti non ha alcun rapporto con il ministero della Difesa. O si tratta di militari in pensione. Episodi di abusi d'ufficio potrebbero poi prevedere l'intervento della procura militare. Il nodo riguarda le cosiddette fasce protette, tutelate da un decreto del 2014. Un provvedimento contro il quale si era esplicitamente espressa, un anno dopo, la Corte dei Conti, sottolineando che le nuove norme rendevano ancora più difficili gli sgomberi: il decreto, sottolineavano i giudici contabili nella loro relazione, «Ha ampliato le cosiddette fasce protette, incrementando il numero degli utenti nei cui confronti non sarà possibile procedere al recupero dell'immobile».

Il ministero della Difesa dispone di un patrimonio di oltre 16.500 unità immobiliari, di questi ben 3.600 sono abitati da persone che non hanno titolo. Non tutti gli alloggi sono uguali, si dividono in alloggi gratuiti per i custodi, alloggi dotati di locali di rappresentanza, altri per la sistemazione provvisoria delle famiglie dei militari o per i militari in transito e, infine, quelli assegnati in base all'incarico svolto. Le concessioni hanno una durata variabile, si protraggono per tutto il tempo dell'incarico o per gli otto anni previsti nel caso degli appartamenti destinati sistemazione delle famiglie. Ma le clausole non vengono rispettate. Quattro anni fa, i giudici contabili sottolineavano: che oltre la metà degli alloggi risultava indisponibile «perché occupati sine titulo o perché in attesa di lavori di ripristino».
 

Ultimo aggiornamento: 13:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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