Vaticano, sacco milionario: prelati e broker a giudizio

Domenica 4 Luglio 2021 di Michela Allegri
Vaticano, sacco milionario: prelati e broker a giudizio

I soldi dell'Obolo di San Pietro, destinati ai poveri e alla carità, utilizzati per operazioni speculative e illegali che hanno svuotato le casse della Santa Sede e arricchito i conti in banca di prelati e finanzieri.

Un cardinale che consiglia di scaricare un'applicazione per scambiare messaggi e per telefonare in modo criptato, e che chiama «porci» i magistrati che indagano sul suo conto per avere fatto ottenere contratti vantaggiosi, e a molti zeri, al fratello e a una consulente.

Vaticano, sistema marcio e predatorio

Un sistema «sconcertante», «marcio, predatorio e lucrativo», scrivono gli inquirenti vaticani in relazione alla vicenda dei fondi della Segreteria di Stato, letteralmente «depredati». Vicenda che ha portato a giudizio 10 persone, compresi l'ex cardinale Angelo Becciu e la manager sarda esperta in diplomazia, Cecilia Marogna, da lui ingaggiata. Ma a processo sono finiti anche altri prelati, funzionari della Santa Sede, broker, con accuse che, a vario titolo, vanno dal peculato alla truffa, dall'abuso d'ufficio all'appropriazione indebita, dalla corruzione fino all'estorsione.

Cardinale Becciu e altri 9 a processo per il palazzo di Londra e i fondi della Segreteria di Stato: accuse di truffa, peculato e abuso d'ufficio


IL PALAZZO
L'inchiesta, svolta in collaborazione con la Procura di Roma e alla quale hanno lavorato la Gendarmeria e i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria, non riguarda solo l'acquisto del palazzo londinese di Sloane Avenue 60, con annessa una serie di investimenti fallimentari costati alla Santa Sede circa 500 milioni di euro. È la prima volta che in Vaticano un porporato finisce sul banco degli imputati.

Per il processo a carico di Becciu, ex sostituto della Segreteria di Stato ed ex prefetto per le Cause dei Santi, papa Francesco ha concesso il benestare, dopo avere privato il prelato, il 24 settembre scorso, della carica. L'ex cardinale è accusato di peculato e abuso d'ufficio, oltre che di «subornazione» di un teste chiave, monsignor Alberto Perlasca, responsabile dell'Ufficio Amministrativo della Segreteria di Stato per 10 anni: avrebbe cercato di fargli ritrattare la deposizione rilasciata agli inquirenti, chiamando in aiuto il superiore gerarchico diocesano, il vescovo di Como, Oscar Cantoni. Era stato proprio Perlasca a raccontare che Becciu gli aveva detto «di scaricare Signal e di cancellare i suoi sms», e che aveva definito «porci» i magistrati che facevano domande sul suo conto.

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Le accuse riguardano anche i bonifici per 575mila euro fatti dalla Segreteria di Stato alla manager cagliaritana Cecilia Marogna - accusata di peculato -, in parte utilizzati per spese personali e oggetti di lusso. Ma l'inchiesta riguarda pure i finanziamenti alla coop del fratello di Becciu, Antonino: 600mila euro dai fondi Cei e 225mila da quelli della Santa Sede. L'ex cardinale respinge le contestazioni: «Sono vittima di una macchinazione ordita ai miei danni».


IL DECRETO
Il decreto di citazione firmato dal presidente del Tribunale, Giuseppe Pignatone, su richiesta del promotore di giustizia Gian Piero Milano, dell'aggiunto Alessandro Diddi e dell'applicato Gianluca Perone, chiama a comparire in aula nell'udienza prossimo 27 luglio, 10 persone e 4 società. Alla sbarra ci saranno monsignor Mauro Carlino, ex segretario di Becciu; Enrico Crasso, finanziere che curava gli investimenti della Segreteria di Stato; Tommaso Di Ruzza, ex direttore dell'Aif; Raffaele Mincione, il finanziere che fece sottoscrivere alla Segreteria di Stato le quote del fondo che possedeva l'immobile londinese di Sloane Avenue, e che avrebbe usato poi il denaro per investimenti speculativi. E ancora: l'avvocato Nicola Squillace, Fabrizio Tirabassi, minutante dell'ufficio amministrativo, Gianluigi Torzi, il finanziere chiamato ad aiutare la Santa Sede ad uscire dal fondo di Mincione ,che sarebbe riuscito a farsi liquidare ben 15 milioni per restituire il palazzo ai legittimi proprietari e che, tra l'altro, è accusato di estorsione. Gli inquirenti procedono invece separatamente a carico dello svizzero René Brùlhart, ex presidente dell'Autorità di vigilanza finanziaria.
 

 

Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 21:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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