Fiumi, il tesoro svelato: con la siccità spuntano carri armati e persino le casseforti della mala del Brenta

Nell’estate della siccità estrema i corsi d’acqua in secca restituiscono preziosi reperti archeologici

Mercoledì 24 Agosto 2022 di Federica Zaniboni
Fiumi, il tesoro dai svelato: con la siccità spuntano carri armati e persino le casseforti della mala del Brenta

Non soltanto rifiuti e rottami. Dalla sofferenza dei fiumi in secca compaiono reperti archeologici e tesori nascosti. Nei mesi più duri a causa della siccità e del caldo torrido, i fondali prosciugati dei corsi d'acqua svelano vecchi ponti, mura antichissime e importanti tracce della seconda guerra mondiale. L'ultimo sorprendente ritrovamento è stato quello di quattro casseforti misteriose sull'argine dell'Idrovia Padova-Venezia. Riemerse alcuni giorni fa all'altezza di Galta di Vigonovo, in provincia del capoluogo veneto, potrebbero ricondursi alla Mala del Brenta.
LE IPOTESI
Una scoperta del tutto inaspettata che, suscitando la curiosità di molti, ha portato inevitabilmente a una serie di domande e ipotesi.

La più verosimile, al momento, è che i forzieri appartenessero alla banda di Felice Maniero attiva in Veneto negli Anni Settanta e che venissero utilizzate per nascondere il bottino delle rapine. La zona del ritrovamento corrisponde a quella in cui, anni fa, erano state rinvenute decine di auto utilizzate dall'organizzazione criminale per mettere a segno i colpi. Dopo essersene serviti per rapine, omicidi e sequestri, le nascondevano lasciandole scivolare nell'acqua. Secondo quanto emerso da un primo esame, le casseforti potrebbero essere rimaste nel canale per una trentina d'anni. Arrugginite e ossidate, erano state svuotate prima di finire sommerse. Ma mentre l'idrovia veneta ha riportato alla luce qualcosa che con ogni probabilità era stato fatto sparire volontariamente, è diverso il caso del Po, che nei mesi scorsi ha fatto riemergere un carro armato tedesco della seconda guerra mondiale e un'imbarcazione affondata dai bombardamenti nazisti.

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Il leggendario veicolo, che veniva cercato da anni dagli studiosi e storici della zona, si è mostrato lo scorso marzo a Sermide, in provincia di Mantova. Si tratta di un semicingolato abbandonato sulla spiaggia dalle truppe tedesche durante la guerra e che negli anni successivi era finito coperto dalla sabbia e dall'acqua del fiume. Dopo due giorni di operazioni particolarmente delicate, il mezzo è stato finalmente recuperato e, dopo un restauro, sarà esposto al pubblico. Un destino completamente diverso, invece, è quello dell'antica chiatta utilizzata soprattutto per il trasporto di merci finita sul fondo del grande fiume nel 1945. Emersa negli stessi giorni del carro armato a Gualtieri, nel Reggiano, la barca potrebbe rimanere sul fondale del Po ancora a lungo, in quanto l'amministrazione del territorio esclude totalmente l'idea di spostarla. Nel corso del tempo ne erano già stati individuati alcuni pezzi, ma la grave scarsità di pioggia dello scorso inverno l'ha fatta comparire nella sua interezza. Un'altra testimonianza della seconda guerra mondiale, poi, è apparsa soltanto una settimana fa sempre sugli argini del Po. Stavolta si è trattato di un ordigno bellico inesploso, che per le operazioni di disinnesco ha costretto circa 2.600 abitanti di Borgo San Virgilio, nel Mantovano, ad evacuare.
La siccità di quest'anno ha poi permesso di viaggiare anche molto più indietro nel tempo, facendo riemergere le antiche rovine del cosiddetto Ponte Neroniano. La secca del Tevere che lo scorso giugno era calato di altri 6 centimetri in soli quattro giorni , ha reso visibile nella Capitale, sotto il ponte Vittorio Emanuele II, ciò che rimane di una struttura costruita nel I secolo. Legato all'imperatore Nerone al punto da prenderne il nome, il progetto potrebbe in realtà risalire al suo predecessore Caligola e sarebbe stato poi distrutto nella prima metà del V secolo durante la guerra gotica. Quando il fiume si abbassa, è ancora possibile vederne i resti.

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LE PALAFITTE
Allo stesso modo, il fiume Oglio ha restituito, fra le province di Mantova e Cremona, le tracce di un sistema di palafitte riconducibili all'età del Bronzo (dal 3400 al 600 a.C.). A prima vista potrebbero sembrare dei semplici pali di legno, ma non ci sarebbero dubbi in merito alla rilevanza storica. I casi sono tanti, dai resti di un ponte medievale restituiti dalla Sesia uno dei maggiori affluenti del Po nei pressi di Vercelli, alle mura del castello Morando, risalenti allo stesso periodo, che sono emerse dall'Adige, nel Veronese.
Ma la restituzione di testimonianze storiche e archeologiche tanto importanti non è una prerogativa soltanto italiana. Dal Danubio, in Serbia, sono emersi i relitti di decine di navi affondate durante la seconda guerra mondiale. Inquietante scoperta, poi, è quella delle pietre della fame, comparse nei giorni scorsi da sotto le acque dell'Elba in Repubblica Ceca. Le rocce, che si trovano incastrate sul fondale, riportano messaggi risalenti a secoli fa (le più antiche sarebbero riconducibili al XVII secolo) che avvertono dei rischi della carestia causata dalla siccità. «Se mi vedi stai piangendo», è inciso sulla pietra trovata nella zona di Decin. La data è quella del 1616. Una frase agghiacciante che adesso suona quasi come un presagio, riferita all'abbassamento del livello del fiume e a tutte le drammatiche conseguenze che ne derivano.
 

Ultimo aggiornamento: 25 Agosto, 14:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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