​Carta d'identità, ok a dicitura neutra “genitore”: accolto il ricorso di due mamme. Il governo riesaminerà la decisione dei giudici

Palazzo Chigi: non ci sarà ricorso contro l’ordinanza ma un esame del governo perché ci sono problemi di esecuzione di identificazione personale

Mercoledì 16 Novembre 2022
Carta d'identità, ok a dicitura neutra genitore : accolto il ricorso di due mamme. Chigi: a rischio identificazione
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Il Tribunale civile di Roma apre alla dicitura neutra di «genitore» sui documenti bocciando di fatto il decreto dell'allora Ministro dell'Interno Salvini che imponeva l'uso di «padre» e «madre». Sull'ordinanza dei giudici il governo ora dice di volere fare attente verifiche («la decisione sarà esaminata dal Governo con particolare attenzione») perchè «presenta evidenti problemi di esecuzione e mette a rischio il sistema di identificazione personale». Da Palazzo Chigi fanno sapere che non ci sarà ricorso contro l’ordinanza del tribunale civile di Roma.

Ci sarà però un «esame del governo perché vi sono problemi di esecuzione di identificazione personale».

In Cassazione il caso della bimba che il padre biologico non voleva far nascere e ora le impone il suo cognome 

Carta d'identità, ok a dicitura neutra “genitore”

Il provvedimento del Tribunale Civile arriva dopo una causa intentata da una coppia arcobaleno, ovvero due mamme, quella legale e quella adottiva, di una bimba. «La dicitura che dovrà comparire sulla carta di identità della bambina dovrà essere neutra: 'genitorè» anzichè madre e padre: è quanto cristallizza il giudice civile dopo il ricorso presentato dalle due madri che hanno deciso di intraprendere l'iter giudiziario contro il decreto del 31 gennaio del 2019, firmato dall'allora ministro dell'Interno, Matteo Salvini, che impone sul documento di riconoscimento la dicitura «padre» e «madre». «Illegali o discriminanti le parole Mamma e Papà?, le parole più belle del mondo. Non ho parole, ma davvero», twitta indignato il ministro (ora delle Infrastrutture) Matteo Salvini. La vicenda, anticipata da La Stampa, risale a qualche mese fa, dopo una sentenza passata in giudicato in cui si riconosceva l'avvenuta adozione della bambina. Come da prassi le mamme si sono recate all'ufficio anagrafe del Comune per chiedere la carta di identità della piccola. «Allo sportello, giustamente, hanno detto alle due donne che non si poteva procedere - spiega l'avvocata Federica Tempori che ha assistito la coppia - con la dicitura neutra ma occorreva la scritta 'padre e madre o chi ne fa le vecì». La coppia a quel punto ha deciso di non procedere e come primo passo ha presentato una istanza al Tar sperando che i giudici amministrativi dichiarassero illegittimo il decreto ministeriale. Il Tar non si è però espresso in tal senso spiegando che la competenza spettava al tribunale ordinario.

La sentenza

«Ci siamo rivolti, quindi, al tribunale ordinario che con una sentenza bellissima ci ha dato ragione - aggiunge l'avvocata -. Il giudice, inoltre, afferma che il decreto oltre a violare le norme, sia comunitarie che internazionali, è viziato da eccesso di potere. In quel provvedimento il ministro va oltre le sue competenze: la carta di identità è, infatti, un documento certificativo di una realtà già pre-esistente nell'atto nascita che stabilisce una madre partoriente e una adottiva. Non può quindi esserci discrasia tra documento di identità e l'atto di nascita». Sulla decisione del tribunale civile è intervenuta Monica Cirinnà, responsabile Diritti Civili del Pd, affermando che nella ordinanza «si riconosce che le famiglie nel nostro paese sono plurali e diverse tra loro. Il decreto voluto da Matteo Salvini quando era Ministro dell'Interno - e, mi dispiace dirlo, mai modificato in seguito nonostante le tante sollecitazioni del Parlamento e le rassicurazioni fornite dai successivi Governi - è illegittimo e non deve essere applicato».

 

Ultimo aggiornamento: 21:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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