L'ultra-maratona di Don Ravaglia, il sacerdote runner: «Corro, sudo e prego»

Mercoledì 16 Giugno 2021 di Valeria Arnaldi
L'ultra-maratona di Don Ravaglia, il sacerdote runner: «Corro, sudo e prego»

«Questa corsa mi affascinava sin da ragazzino. Andavo a vedere l'arrivo dei primi e pure degli ultimi, spesso sostenuti da altri. C'era qualcosa di eroico. Nel 2009, anno paolino, ho deciso di partecipare. Paolo ha spesso paragonato apostolato e vita cristiana a una corsa. Perciò ho corso, fermandomi ogni tanto a pregare, anche con altri. Sono arrivato ultimo, cinque minuti prima del tempo massimo, molto stanco, ma è stata una bella esperienza». Don Luca Ravaglia, 57 anni, parroco della chiesa del Paradiso a Faenza, da 12 anni partecipa alla 100 km del Passatore, ultramaratona da Firenze a Faenza. «Pensavo avrei partecipato solo quell'anno - afferma - mi avevano detto che quando fai la 100 km, non la lasci più e così è stato.

Ogni volta scelgo un Santo o un tema cui dedicarla, da Santa Umiltà alla pace».


LA TENACIA
Ha effettuato la sua corsa, ripensata in chiave spirituale, pure negli ultimi due anni, quando, causa Covid, non si è potuta tenere. «L'ho fatta da solo. Era stata lanciata un'iniziativa per fare la 100 km partendo da casa propria. Nel 2020, ho effettuato la corsa nei luoghi della sanità, tra santuari e ospedali. Quest'anno l'ho dedicata a Dante, immaginando un iter tra Inferno, Purgatorio e Paradiso, nei luoghi della zona citati nella Divina Commedia».

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Don Luca è uno dei tanti ultrarunner in Italia e nel mondo. Anzi, uno di un numero sempre più consistente. Le ultramaratone - ben più lunghe della maratone, estenuanti, in condizioni spesso difficili - stanno registrando un vero boom di adesioni. Stando ai dati del settore, l'ultrarunning, negli ultimi dieci anni, ha visto un aumento del 345% nella partecipazione dei runner. Conseguente la crescita di eventi: quattordici anni fa erano una sessantina, oggi circa diecimila. La pandemia, specie durante il lockdown, peraltro ha risvegliato la passione di tanti, tra runner e ultrarunner. Questi percorsi mettono duramente alla prova chi li affronta.
E, in taluni casi, sono molto pericolosi. In Cina, nella provincia del Gansu, lo scorso 22 maggio, sono state ventuno le vittime in un'ultramaratona. In uno dei tratti più alti, si è scatenata una tempesta che non ha dato scampo ad alcuni runner.


IL FASCINO
La possibilità di confrontarsi con i propri limiti affascina un numero crescente di persone. «All'ultramaratona - spiega Luana Morgilli, coordinatrice Gruppo di Lavoro di Psicologia dello Sport - Ordine Psicologi Lazio - si arriva partendo da gare di durata ridotta, come le maratone stesse. Nello sport, il raggiungimento di un obiettivo contribuisce alla crescita della percezione di autoefficacia e all'autostima. Si instaura, così, una sorta di circolo virtuoso, in cui raggiunti obiettivi maggiori si passa ad altri, sempre più alti».
L'inglese John Stocker, 41 anni, ha vinto la Suffolk Back Yard Ultra - il 5 giugno scorso - correndo oltre 542 chilometri e battendo il record di 502 del belga Karel Sabbe. «La ragione per cui faccio queste ultramaratone - ha dichiarato - è mostrare ai miei figli che dovrebbero cercare di ottenere il più possibile, e non sentirsi dire da nessuno che non possono fare qualcosa». Le occasioni di sfida non mancano. La Badwater parte dalla Death Valley, in California, con temperature fino a 54 gradi. Nella Marathon de Sable, 240 chilometri in sette giorni nel Sahara marocchino, le temperature sono sui 40 gradi. La Barkley Marathons, nel Tennessee, prevede un giro di 160 chilometri, non segnalato, senza gps, cellulari, orologi. Sono fortissimi i dislivelli dell'ultrarunning nel Grand Canyon. E molte altre. Ognuno sceglie la sua via per correre verso l'avventura.
 

Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 16:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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