«Quando è uscito l'articolo mi sono arrivate moltissime richieste, pressioni, manifestazioni di affetto: mi hanno chiesto di non dimettermi dal Comitato tecnico scientifico del Veneto. A questo punto ho deciso di restare, non posso tirarmi indietro proprio ora. Zaia? No, ancora non ci siamo sentiti». Il professor Andrea Crisanti, docente di Microbiologia all'Università di Padova, e fautore del "modello Veneto" che aveva consentito di limitare il contagio dopo i primi casi di Vo' Euganeo, l'altro giorno in un articolo sul Messaggero e sul Gazzettino, aveva spiegato perché stava pensando di dimettersi dal comitato tecnico scientifico della Regione: «Ormai Zaia si fa consigliare da chi sostiene che il virus sia morto, purtroppo i risultati si stanno vedendo, i casi stanno aumentando».
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Subito dopo la pubblicazione dell'articolo sulle sue imminenti dimissioni, c'è stata però una pioggia di telefonate che gli hanno chiesto di restare. «Amici, colleghi, cittadini... - spiega al telefono con il Messaggero - Non mi aspettavo tanto affetto. Diciamo che sono stato sommerso da una valanga di affetto. Per cui ci ho riflettuto e ho pensato che dovevo continuare il mio lavoro. I nuovi focolai purtroppo ci sono, in Veneto, anche a Padova, e io non sto più partecipando alla gestione delle misure contro l'epidemia, questo vorrei che fosse chiaro. E certo il fatto che Zaia ora ascolti coloro che hanno affermato che il virus è morto, è evidente. Il rapporto con lui si è deteriorato nel momento in cui ha assegnato incredibilmente il merito per il progetto di sorveglianza attiva sul coronavirus nel Veneto ad altri. Continuerò a dare il mio contributo nel Comitato tecnico scientifico, ma lo faccio per senso civico, sia chiaro. E per la valanga di affetto che mi ha sommerso».
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