Covid, le chat e le nuove accuse: «Lombardia come Wuhan». Ma i locali restarono aperti

`Le chat tra i dirigenti regionali: «Paura per le proiezioni dei contagi a marzo»

Lunedì 6 Marzo 2023 di Mauro Evangelisti
Covid, le chat e le nuove accuse: «Lombardia come Wuhan». Ma i locali restarono aperti

Il 28 febbraio 2020, cinque giorni dopo la scoperta dei primi due pazienti positivi ricoverati all'ospedale di Alzano Lombardo (Bergamo), il consulente del Ministero della Salute, il professor Stefano Merler, scrive una drammatica mail alla Regione Lombardia. Spiega che in Val Seriana l'indice di trasmissione è sopra il valore 2, altissimo. La crescita dei contagi è ormai esponenziale, se non si interviene immediatamente, sarà una catastrofe. Eppure in quei giorni nessuno interviene con la zona rossa. Trascorrono 5 giorni, nessuno ha chiuso la Val Seriana.

Il 3 marzo 2020 Aida Andreassi, medico della direzione generale Welfare della Regione Lombardia, chatta con l'allora assessore Niccolò Carretta: «Siamo come a Wuhan. La proiezione a fine marzo fa paura. Adesso capiamo perché in sei giorni hanno costruito un ospedale da 1.000 posti letto. Cercate di sostenerci politicamente. Non è allarmismo, i dati sono chiari e l'andamento è pazzesco. Serve che il governo ci ascolti. Sappiamo che Speranza ha già capito ma non ha la forza di convincere fino in fondo».

INFERNO

Altro messaggio tarda sera: «Mi ha appena chiamato Zangrillo. Oggi è andato a Lodi. Fino a ieri non ci credeva, stasera mi ha detto che non ci poteva pensare che sono in quelle condizioni. Zangrillo capisci? Lo sborone medico di Berluska che quasi si mette a piangere. Mi ha detto: Aida era come un girone dell'inferno di Dante. I medici e gli infermieri fanno cose incredibili» (questo emerge dalle chat allegate alle carte dell'inchiesta della procura di Bergamo). Il 20 marzo 2020 (c'era già il lockdown) scrive il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori: «Nessuno ha decretato lo stop, tutto è lasciato alle singole imprese. Da giorni chiediamo di fermare tutto salvo le filiere strategiche, ma invano. Fontana non si prende la responsabilità. Fa grandi dichiarazioni rimandando sempre al governo ma in realtà - lo dico perché ho appena finito una videoconferenza con lui - è il primo a frenare». In sintesi: tutti sapevano che in Val Seriana la situazione era drammatica, ma nessuno intervenne con la zona rossa, come era invece stato fatto a Codogno. Anche i sindaci di Alzano e Nembro avevano il potere di decidere una zona rossa per ragioni di emergenza sanitaria, non fecero nulla.

Torniamo all'ultima decade di febbraio 2020: dalla Regione Lombardia arriva una indicazione: non prendete iniziative autonome. «Anch'io sarei stato drastico su ristoranti, bar, centri sportivi etc. E invece le varie lobby li hanno lasciati aperti. Sbagliato. Se devi intervenire, intervieni in modo rigido, altrimenti non serve» scrive la sera del 3 marzo su Whatsapp il sindaco di Nembro Claudio Cancelli dialogando con un imprenditore della zona. L'interlocutore gli chiede: «Ho sentito le novità che pare non siano buone. Diventiamo zona rossa?». Il primo cittadino risponde: «Adesso è più di una voce. Però aspettiamo, non sono convinto che la adottino subito. Dipende dai numeri, se continuano a crescere. Sinceramente avrei chiuso tutti i punti di aggregazione. Noto tutte le mattine anziani ai tavolini dei bar. Io li avrei chiusi. Cosi come i ristoranti». Il problema è che il 3 marzo è già tardi, tardissimo. Merler ha lanciato l'allarme il 28 febbraio, gli esperti della Regione Lombardia ne sono consapevoli il 3 marzo, visto che nelle chat parlano di "nuova Wuhan". Se ne sta accorgendo la popolazione. Ricorda il presidente dell'Ordine dei Medici della Provincia di Bergamo, Guido Marinoni: «La gente era terrorizzata perché c'erano 10-15 morti al giorno». Nessuno interviene. Niente zona rossa, tra Roma e Milano tutti sono preoccupati dalle possibili conseguenze per l'economia locale.

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MESSAGGI

Su quei giorni le chat allegate alle carte dell'inchiesta mostrano varie incertezze frutto anche della potenza dell'uragano sconosciuto che si stava abbattendo sull'Italia. Alcuni flash. L'allora assessore al Welfare della Lombardia, Giulio Gallera: «Ci hanno fatto andare in guerra come gli italiani in Russia, con le scarpe di cartone. Fin da subito non siamo riusciti a distribuire sul territorio mascherine, camici, visiere, ecco perché non ce n'erano. Quei pochi che abbiamo vengono giustamente destinati agli ospedali». Giuseppe Ruocco, ex segretario generale del ministero della Salute, il 22 febbraio: «Qui si stanno demoralizzando tutti, e il Ministro ormai è nel pallone». Ma è un tutti contro tutti. Goffredo Zaccardi, allora capo di gabinetto del Ministero della Sanità il 23 febbraio 2020 scrive a Pier Luigi Bersani: «Penso che sia evidente che da Ruocco in giù i nostri non sono stati all'altezza. Le persone che rientravano transitando da qualunque aeroporto del mondo dalla Cina andavano messe in quarantena. Non ci avrebbe messo al riparo dal virus totalmente, ma dalle responsabilità sì». E poi il nodo dei tamponi di massa. Il 15 marzo 2020 Ranieri Guerra, numero 2 dell'Oms, dice: «Scemenza del secolo farli a tutti». Anche il 22 febbraio si continuava a sostenere, a partire da Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto superiore di sanità, che i tamponi in forma massiccia non servissero. Ma da Londra era stato segnalato che anche gli asintomatici potevano essere contagiosi.

 

Ultimo aggiornamento: 10:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA