Covid, dosi solo al 2% dei 70enni: terapie intensive in tilt

Venerdì 2 Aprile 2021 di Mauro Evangelisti
Covid, dosi solo al 2% dei 70enni: terapie intensive in tilt
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L’eredità che marzo lascia ad aprile è pesante: la diminuzione dei nuovi casi positivi è appena percettibile, anche ieri altri 23.649 nuovi infetti da Covid; i decessi sono stati 3.000 in una settimana (ieri altri 501) e tredici regioni hanno le terapie intensive in affanno.

Eppure, invece di proteggere le categorie che rischiano una malattia più grave e che dunque finiscono in ospedale, l’Italia ha preferito vaccinare i più giovani. E ha trascurato, drammaticamente, i settantenni. Ieri Gimbe, la fondazione che da inizio pandemia analizza i dati, ha spiegato: «Nella fascia di età 70-79 anni degli oltre 5,9 milioni di italiani, solo 106.506 (1,8 per cento) hanno completato il ciclo vaccinale e 481.418 (8,1) hanno ricevuto solo la prima dose, anche qui con notevoli difformità regionali».

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STRATEGIA
Un dato inspiegabile, che mette in discussione la strategia applicata in Italia, visto che il tasso di letalità nella fascia di età 70-79 anni, tra chi si contagia, è molto alto, sopra il 9 per cento. Per gli over 80 va meglio, ma siamo comunque a solo il 28,8 per cento di anziani di quella età che hanno ricevuto prima e seconda dose. In numeri assoluti, tutte le categorie di età inferiore hanno ricevuto più iniezioni dei settantenni, ad esclusione della fascia 20-29 anni che ha comunque un dato simile a quello degli over 70. Se non proteggi i più fragili in fretta, difficilmente decessi e ricoveri possono diminuire. La rilevazione di Gimbe dimostra anche che l’effetto delle Regioni in fascia rossa o arancione c’è ma è lento e a macchia di leopardo.

Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe: «Per la seconda settimana consecutiva a livello nazionale si rileva una lenta discesa del numero di nuovi casi e del loro incremento percentuale, anche se il dato risente di notevoli differenze regionali correlate al livello di restrizioni di 3 settimane fa». Il monitoraggio è riferito alla settimana 24-30 marzo e nel confronto con la precedente vede «una lieve riduzione dei nuovi casi (141.396 rispetto a 150.181) a fronte di un incremento dei decessi (3.000 rispetto a 2.878). In aumento i ricoveri con sintomi (29.231 rispetto a 28.428) e le terapie intensive (3.716 rispetto a 3.546)». In sintesi: nove Regioni vedono l’incremento percentuale dei nuovi casi ancora in crescita, soprattutto le 4 che tre settimane fa si trovavano in area bianca o gialla (Calabria, Liguria, Sardegna e Valle d’Aosta). «Al contrario si rilevano riduzioni rilevanti in Regioni che tre settimane fa erano in zona arancione o rossa».


C’è poi il nodo degli ospedali. Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi sanitari della Fondazione: «Entrambe le soglie di allerta di occupazione dei posti letto da parte di pazienti Covid in area medica (40 per cento) e in terapia intensiva (30) sono superate a livello nazionale, attestandosi rispettivamente al 44 e al 41». Sono 10 le Regioni sopra soglia per l’area medica e 13 quelle per le terapie intensive. L’occupazione di pazienti Covid in terapia intensiva supera il 40 per cento in Puglia, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Toscana, Molise, Lazio e il 50 in Piemonte, Provincia Autonoma di Trento, Emilia-Romagna, con valori superiori al 60 in Lombardia e nelle Marche. «Sul fronte dei nuovi ingressi giornalieri in terapia intensiva – dice Marco Mosti, direttore operativo di Gimbe – dopo la frenata registrata la scorsa settimana, il dato si è stabilizzato». Ieri altri 244 pazienti sono entrati in terapia intensiva, mentre il saldo ha avuto una prima diminuzione (ma ricordiamo sempre che quel dato è influenzato non solo dalle guarigioni ma, purtroppo, anche dai decessi): i ricoverati totali per Covid 19 ora sono 32.630 con una diminuzione di posti letto occupati di 260 unità, di questi 3.681 sono in terapia intensiva (meno 29).


L’ASSEDIO
Che l’effetto delle limitazioni collegate alla fascia rossa sia lento lo dimostra anche l’andamento dei contagi nel Lazio, regione che, dopo due settimane con il livello massimo di chiusure, da martedì scorso è tornata in arancione. Invece di diminuire, i nuovi casi positivi sono di fatto stabili, sempre tra 1.800 e 2.000, con una forte pressione sugli ospedali che hanno reso necessaria la dichiarazione dello «scenario IV» negli ospedali (più posti riservati a pazienti Covid), anche se l’Rt (indice di trasmissione) permane appena sotto al livello di guardia di 1 (0,98). Stando ai dati di questi giorni (inclusi quelli di ieri) alcune regioni del nord come Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna sono in affanno, ma anche anche Campania e Puglia sono in crisi. In termini brutali: tenendo conto che dopo Pasqua ci sarà anche la riapertura delle scuole, al momento non si vede lo spiraglio che consentirà, già ad aprile, il ritorno di alcuni territori in fascia gialla.
 

Ultimo aggiornamento: 17:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA