Costa Concordia, il 13 gennaio 2012 il naufragio. Ora anche l'isola del Giglio vuole rimuovere i ricordi

Giovedì prossimo una commemorazione pubblica. Il sindaco: «Sarà l’ultima volta, il dolore è privato». Il paese cancella ogni traccia e persino i fondali sono stati ripopolati con nuovi banchi di posidonia

Domenica 9 Gennaio 2022 di Cristiana Mangani
Anche il Giglio vuole rimuovere la Concordia

Dal nostro inviato - È come quando passa un incendio, dalla distruzione rinascono le piante, l’erba, i fiori. Ci vuole un po’ di tempo, ma poi tutto ricomincia a vivere. L’isola del Giglio, dieci anni dopo la tragedia della Costa Concordia, ha riconquistato i suoi spazi.

Nelle acque specchiate davanti al porto sono state “ripiantate” le poseidonie, quattro biologi continuano a lavorarci per ripristinare l’ecosistema, ma ormai il più è fatto. I danni ambientali prodotti dal naufragio del colosso del mare sono un ricordo. Sono solo immagini vive nella memoria degli isolani. Sono paura, disperazione, morte, che, a volte, tornano anche nei sogni. Pensieri riposti in un angolo del cuore, sebbene, oggi, l’isola vuole soprattutto voltare pagina. Vuole provare a dimenticare.

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Giovedì prossimo la Costa Concordia, i familiari delle vittime, la rimozione di quel gigante dell’acqua, verranno ricordati per il decennale. Una cerimonia importante: torneranno in tanti sullo scoglio. Ma sarà l’ultima volta che i ricordi saranno pubblici. «Questo è l’ultimo anniversario con i riflettori accesi - conferma Sergio Ortelli, sindaco del Giglio da tre mandati -. Dal prossimo anno, silenzio. La tragedia diventerà un fatto intimo. Abbiamo istituito a livello comunale, per il 13 gennaio, una giornata del ricordo per le vittime della Concordia, ma sarà una celebrazione locale». Nei luoghi dove dieci anni fa si alzavano tende e gazebi, si installavano camere iperbariche, si cercavano indumenti per i superstiti arrivati a terra congelati, ora ci sono famiglie che mangiano al sole di gennaio. Della nave e del suo relitto in pochi hanno voglia di parlare: «Siamo qui per passare una bella giornata». Ma poi la passeggiata si allunga, si arriva al faro rosso del porto che guarda gli scogli de Le Scole dove capitan Schettino, in una notte stellata d’inverno, per omaggiare un amico ufficiale, ha distrutto una nave, molte famiglie e la sua stessa vita. Era lì il rottame, ora non c’è più. Così come non passano più davanti all’isola i colossi del mare per fare “l’inchino”, il saluto al paese.

 

Il santo

«Se ne vede qualcuna solo in lontananza - dice Matteo Cotta, ormeggiatore del porto, 33 anni, e una testa piena piena di ricordi -. Quello che è successo al Giglio è stata una cosa di livello mondiale. All’inizio quella presenza non ci dava fastidio, eravamo increduli, alla fine, però, ha cominciato a diventare ingombrante. Ogni giorno ci giravo intorno con la barca per vedere quanto stesse sprofondando. A pochissimi metri c’era l’abisso, il mare lì è profondo fino a 100 metri. Se il vento di Grecale non l’avesse posizionata su quegli scogli, oggi di morti ne avremmo più di 4 mila. Sa cosa si dice qui? - aggiunge il giovane ormeggiatore, che quella notte si è occupato di non si sa quante persone - Che è stato il braccio di San Mamiliano a salvarli. Sta a Giglio Castello, proprio sopra il punto di impatto. È vero, che qui non si vuole più parlare della Concordia, ma io continuo a farlo perché la storia non si dimentica mai. E, se ci arriverò, continuerò a raccontare quello che è successo anche da vecchio».

Dove Maria Mariuz e il marito Giuseppe Modesti hanno sfamato migliaia di persone, nella Trattoria Da Ruggero, oggi c’è una famiglia romana a gestire il ristorante. «Vengo al Giglio sin da piccolo - racconta Giulio Filippini - l’isola è stata stravolta per due anni e mezzo, finché la nave non è stata portata via. Due anni di invasione che hanno dato tanto lavoro e guadagni, ma pure tante preoccupazioni e dolore. Gli isolani hanno vivo il ricordo di quello che è successo, anche se sono schivi come tutte le persone di mare, e non amano più parlarne».

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I reperti

Chi si commuove ancora, invece, è proprio Maria Mariuz. «C’era il mondo intero quella notte - ricorda - ce lo siamo trovati davanti, ma noi non eravamo attrezzati per il mondo intero. Eppure ci siamo tirati su le maniche e abbiamo messo a disposizione tutto quello che avevamo: vestiti, scarpe, cibo, pannolini. Io e altre tre donne che lavoravano nel mio locale, sfornavamo 5-600 pasti al giorno». Don Lorenzo Pasquotti ha aperto la chiesa di San Lorenzo e Mamiliano, dove ci sono ancora salvagenti, bussole, funi e la madonnina della cappella della nave; suor Lina ha fatto entrare tutti nella scuola. E poi sono state organizzate le case private, gli alberghi. «Sembrava un compito impossibile - chiarisce ancora il sindaco Ortelli - E invece, mentre tutti i giornali mondiali commentavano ironicamente e in maniera molto critica quanto era successo, il sistema predisposto dall’Italia ha funzionato perfettamente. Ogni cosa è andata al suo posto».

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Nel giorno del decennale verrà presentato anche il libro dell’ex vicesindaco Mario Pellegrini: “La notte della Concordia”. Quella sera, mentre tutti lasciavano la nave, fu il primo a salire a bordo per dare soccorso. «Ricordo i naufraghi, soprattutto i bambini - si emoziona -: erano muti con gli occhi pieni di terrore. Ho cercato qualche ufficiale ma non l’ho trovato. C’era molta confusione e mi sono messo subito al lavoro. Abbiamo fatto scendere centinaia e centinaia di persone, li abbiamo aiutati affinché non cadessero in mare e ci fosse un’affluenza controllata sulla biscaggina. Una volta fatta scendere anche una ragazza con la gamba fratturata sono arrivati i vigili del fuoco e sono sceso io. Erano quasi le 6 del mattino». In tanti lo hanno definito un eroe, ma lui non ci si sente affatto.

La sagoma ferma

Di certo quella tragedia del mare, di segni ne ha lasciati un po’ per tutti. Al punto che, due sere fa, quando al largo dell’Argentario si è vista la sagoma ferma di una nave da crociera Costa Luminosa, si è pensato al peggio. C’era una viaggiatrice a bordo che aveva bisogno di cure urgenti: è stata recuperata da una motovedetta della Capitaneria di porto, e portata in ospedale. Poi la grande nave è ripartita e dalla banchina, in tanti, hanno tirato un sospiro di sollievo.

Ultimo aggiornamento: 14 Gennaio, 09:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA