Cospito, dallo stragista al boss: il patto dietro le proteste. Le relazioni pericolose nel carcere di Sassari

Colloqui a Sassari con Rampulla, artificiere dell’attentato a Capaci, e con Cammarata, reggente del famigerato clan omonimo di Riesi

Giovedì 2 Febbraio 2023 di Valeria Di Corrado
Cospito, dallo stragista al boss: il patto dietro le proteste. Le intercettazioni nel carcere di a Sassari

Coalizzati per raggiungere un unico obiettivo: l’abolizione del 41 bis. Un patto non scritto legherebbe l’anarchico Alfredo Cospito ai boss mafiosi. Un timore reso concreto dalle conversazioni registrate nelle scorse settimane all’interno del carcere di Sassari.

Durante l’oraria d’aria, trascorsa a passeggiare all’interno del cortiletto del penitenziario sardo di massima sicurezza, Cospito si accompagnava ogni volta a una diversa «dama di compagnia»: così viene definito il compagno con cui il detenuto ristretto al 41 bis trascorre, a rotazione, l’ora di socialità. Tra questi c’erano mafiosi di “livello” come Pietro Rampulla, l’artificiere della strage di Capaci, e Pino Cammarata, reggente del famigerato clan omonimo di Riesi, in provincia di Caltanissetta. Ma non solo. La relazione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sui colloqui dell’anarchico, finita al gabinetto del ministero della Giustizia, è stata stilata dal Gruppo operativo mobile (Gom): un reparto mobile del Corpo di polizia penitenziaria che risponde direttamente al capo del Dap. 

Da queste conversazioni captate nel carcere di Sassari, prima del trasferimento in quello milanese di Opera (avvenuto lunedì scorso), Cospito veniva incoraggiato dal boss della ‘ndrangheta Francesco Presta a proseguire lo sciopero della fame: «Devi mantenere l’andamento, vai avanti». L’anarchico rispondeva: «Fuori non si stanno muovendo solo gli anarchici, ma anche altre associazioni. Adesso vediamo che succede a Roma». E ancora il boss replicava: «Sarebbe importante che la questione arrivasse a livello europeo e magari ci levassero l’ergastolo ostativo». Dello stesso tenore era il colloquio con Francesco Di Maio, esponente del clan dei Casalesi, altro detenuto con cui condivideva l’ora d’aria: «Pezzetto dopo pezzetto si arriverà al risultato», era il riferimento di Di Maio all’abolizione del 41 bis.

RISCHIO RIVOLTE

Questo asse, temporaneo e inedito, tra l’anarchico e i boss mafiosi preoccupa non poco gli ambienti investigativi. Se infatti Cospito dal 41bis passasse all’AS2 - ossia al regime di alta sorveglianza previsto per i detenuti accusati di terrorismo - ci potrebbe essere il rischio che possa più facilmente fomentare delle rivolte in carcere. Come avvenne il 9 marzo del 2020, quando, con la scusa delle limitazioni imposte per via del Covid ai colloqui con i familiari, i detenuti della media sorveglianza insorsero contemporaneamente in vari penitenziari italiani. La vera ragione di quegli scontri, infatti, era legata alle disposizioni con cui una task force del Dap trasferì circa 800 mafiosi in penitenziari più distanti dai territori dove i loro rispettivi clan spadroneggiavano. è attenzione agli Nella riunione del Comitato di analisi strategica antiterrorismo, presieduta dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, è emersa preoccupazione su altri «contatti tra detenuti anarchici e mafiosi, per possibili convergenze nella lotta al 41 bis». Proprio sulla base di questo pericolo, è probabile che la Direzione nazionale antimafia abbia dato parere negativo riguarda l’annullamento del carcere duro per Cospito.

 

«LA MAFIA È OVUNQUE»

È atteso per oggi anche il parere del procuratore generale di Torino, Francesco Saluzzo, che pochi giorni fa, all’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha precisato: «È stato detto che i magistrati vedrebbero la mafia dappertutto. Ribalterei la questione. È la mafia ad essere un po’ ovunque». Il pg ha ricevuto una lettera minatoria con un proiettile. Poi toccherà al ministro della Giustizia Carlo Nordio sciogliere la riserva sulla richiesta di revocare il 41bis presentata dal difensore dell’anarchico, l’avvocato Flavio Rossi Albertini. 
Nel frattempo Cospito ha confidato al consigliere regionale Usuelli (Radicali) che lo è andato a trovare in carcere di «non sentirsela di condannare gli attacchi anarchici», che stanno arroventando il clima in Italia, in Europa e persino in Sud America. È infatti ben consapevole e contento degli effetti che la sua protesta sta portando: «Il 41-bis che mi hanno dato è una mano santa, ora quello che ho scritto lo leggono in tanti», ha detto in un colloquio nel penitenziario di Sassari risalente al periodo di Natale. L’anarchico, inoltre, avrebbe aggiunto di non desiderare comunque la morte. Essendo al giorno 105 del suo sciopero della fame, il sindaco del comune di Opera potrebbe decidere di imporgli un trattamento sanitario obbligatorio, disponendo l’alimentazione forzata. Anche se Cospito, tramite il suo legale, non ha dato il consenso al Tso.
 

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