Coronavirus, il blocco dei voli aggirato: «Da Pechino a Roma con scalo ma non ci hanno controllato»

Sabato 1 Febbraio 2020 di Mirko Polisano
Coronavirus, il blocco dei voli aggirato: «Da Pechino a Roma con scalo ma non ci hanno controllato»

C’è un altro pericolo nel contagio da Coronavirus che si sta rischiando di sottovalutare. È quello della mancanza di un cordone sanitario parallelo per chi arriva in Italia da altre destinazioni dopo aver soggiornato in Cina. Potrebbe esserci una falla nel sistema di protezione allestito a Fiumicino e gestito interamente dal Ministero della Salute. Chi controlla i passeggeri (cinesi o provenienti dalla Cina) che arrivano da altri paesi che non sono soggetti a controlli? Ieri mattina allo scalo romano poco prima dello sbarco degli ultimi voli provenienti dalla Cina è accaduto proprio questo. 

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Alcuni passeggeri passati dalla Cina e arrivati in Cambogia o Thailandia hanno poi preso un volo per Roma. E quel volo non era soggetto alle misure di prevenzione previste. Le cosiddette «triangolazioni» che in Italia rischiano di passare inosservate. «Noi abbiamo fatto presente alla Dogana che proveniamo da Laos dopo aver trascorso 4 giorni in Cina - racconta Cristiano Bernacchi, appena sbarcato a Fiumicino da un volo proveniente dalla Thailandia - abbiamo pernottato per tre notti a Kunming, capoluogo della provincia dello Yunnan. Poi siamo partiti per il Laos e abbiamo fatto rientro in Italia, dopo uno scalo da Bangkok. Siamo atterrati a Roma dove ci aspettavamo un minimo di controlli e un cordone alternativo per chi arriva da altri paesi come Thailandia, Cambogia e invece abbiamo trovato una situazione impreparata dove nessuno sapeva dirci nulla. Al primo controllo ho detto che sia io che la mia compagna avevamo soggiornato in Cina, ma ci hanno detto di entrare. Successivamente ci siamo fermati dove ci sono gli oggetti da dichiarare alla Dogana dove ho fatto sapere agli addetti che avevamo attraversato la Cina ma la riposta è stata: “vabbè se non vi hanno fermato prima potete entrare”. Questa è la dimostrazione palese che i sistemi italiani sull’allarme Coronavirus stanno agendo in maniera non puntuale». Proprio nella provincia dello Yunnan il Coronavirus ha causato 28 morti. 

«Noi siamo scappati dalla Cina - prosegue Cristian - dove la situazione è difficile: supermercati presi d’assalto, mascherine esaurite nelle farmacie perché spedite nella provincia dell’Hubei dove c’è l’emergenza maggiore. Non è più un’epidemia a macchia di leopardo ma a macchia d’olio. Abbiamo visto tante situazioni di panico. Chiuse tutte le manifestazioni ufficiali del Capodanno cinese. Il governo cinese sta mettendo in pre-allarme la popolazione perché non vuole ripetere l’esperienza del 2013 della Sars dove si era sottovalutato il problema». «La provincia dell’Hubei è assediata, le strade sono deserte. Addirittura a Shangai la polizia entra in casa per controllare la quantità di generi alimentari a disposizione delle famiglie. Uno scenario apocalittico e bellico».

«Le province limitrofe alla regione dell’Hubei la situazione è allarmante, ma anche nello Yunnan che è più distante al confine con il Tibet abbiamo visto la differenza: più mascherine e dimezzato il numero delle persone in strada». Misure più stringenti ad Abu Dhabi, nella capitale degli Emirati Arabi Uniti i controlli sono serrati su tutti i voli. «Nei corridoi per arrivare agli aerei hanno posizionato delle telecamere termiche per controllare la temperatura. Tutti indossano le mascherine e in tutti gli altri aeroporti c’erano controlli termici, scanner. A Fiumicino, non siamo stati sottoposti a controlli specifici». Un elemento, quello dei transiti e degli scali, che il Ministero della Salute ora dovrà prendere in considerazione. 
 

 

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