Coronavirus, zone rosse e tamponi rapidi negli aeroporti: il piano del governo

Venerdì 17 Luglio 2020 di Mauro Evangelisti
Coronavirus, zone rosse e tamponi rapidi negli aeroporti: il piano del governo

Per avere un filtro efficace negli aeroporti e limitare il numero altissimo di casi di importazione registrato in Italia c’è una sola soluzione: tamponi ai passeggeri che provengono dai Paesi più a rischio, a partire dagli Stati Uniti e dall’India, per fare i due esempi più pesanti. Questa idea sta prendendo forza anche all’interno del governo, dopo le perplessità iniziali. Ormai è chiaro che l’obiettivo di schiacciare la curva epidemica a quota zero è irraggiungibile. E ciò che succede non solo nei Balcani (e sono stati bloccati gli arrivi), ma anche nella vicina Spagna (ieri 580 nuovi positivi), impone di preparare un piano per l’autunno. È uno dei tasselli più innovativi è proprio quello di arginare il più possibile i casi di importazione, con i tamponi agli arrivi.

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Secondo il professor Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute, «è una strada da percorrere, teniamo conto che esistono anche innovazioni che velocizzano i tempi, in Israele, ad esempio, hanno presentato un test, che grazie al fiato in pochi secondi dice se sei positivo». Un altro tampone rapido arriva dalla Corea del Sud: è stato sperimentato in Veneto e nelle prossime ore potrebbe esserci la validazione a Roma, da parte dell’Istituto Spallanzani. Alessio D’Amato, assessore alla Salute del Lazio, insiste: «Noi lo diciamo da tempo, la strada da seguire è quella del tampone in aeroporto. Lo abbiamo già fatto per il volo dal Bangladesh». Cosa ne pensano al governo? Già il viceministro alla Salute, Pier Paolo Sileri, si era detto favorevole. Sandra Zampa (Pd), sottosegretario alla Salute, osserva: «I tamponi negli aeroporti sono utili. Ci sono anche laboratori mobili che possono farne fino a 20mila in un giorno, ormai per i test sono state affinate le tecniche. Il tasso di successo è molto alto. Per questo io penso che sia giusto eseguire i tamponi agli arrivi. D’altra parte, non puoi pensare di fare ripartire l’economia e allo stesso tempo sigillare i confini. Non è praticabile: servono anche soluzioni alternative».

Altro nodo: l’epidemia non si è spenta, a settembre riapriranno le scuole e questo, ad esempio, in Israele ha causato nuovi contagi; in autunno, quando torneremo nei luoghi chiusi, sarà più facile la trasmissione del virus. Saremo costretti a nuovi lockdown? L’ipotesi di prolungare lo stato di emergenza dopo il 31 luglio servirà a questo? Nel governo lo escludono e hanno un altro piano: zone rosse limitate alle aree in situazione critica. Il sottosegretario Zampa: «Non si può immaginare un altro lockdown del Paese. Fu utilizzato in una situazione eccezionale, con un tasso di crescita dei casi altissimo. La situazione non è più quella. Molto più efficace e sostenibile sarà l’opzione delle singole zone rosse per territori in difficoltà. Interventi più limitati e tempestivi». C’è chi sostiene che, proprio per offrire alle regioni gli strumenti per istituire zone rosse veloci, vada prorogato lo stato di emergenza. «C’è un confronto in corso - ricorda la Zampa - possiamo anche valutare altre strade».

Nei piani del governo c’è anche un altro pilastro: vigilare sulla riapertura delle scuole, eseguendo test sierologici a tutto il personale, docente e non. Su questo l’altro giorno il commissario Domenico Arcuri ha annunciato che è stato pubblicato un bando per reperirli. Per il resto, gli ospedali sono più preparati rispetto a febbraio (sarebbe grave il contrario), hanno aumentato i posti di terapia intensiva e i medici hanno imparato a trattare la malattia, anche se non esiste ancora un farmaco risolutivo.

Ma per rendere il meno traumatico possibile l’impatto con l’autunno è importante abbassare il più possibile la curva dei contagi anche in agosto. Servono comportamenti virtuosi da parte dei cittadini (mascherine, distanze, igiene) e attenzione nel circoscrivere i focolai da parte delle autorità sanitarie. «Nessuno sa cosa succederà davvero - ricorda sempre il sottosegretario Zampa - ma ricordiamoci che alcuni vaccini allo studio sono molto promettenti e potrebbero darci risposte prima del previsto». Come dire: se saremo fortunati, si tratta di resistere altri sei mesi, tenendo anche conto che c’è l’alternativa in fase di sperimentazione degli anticorpi monoclonali.
 

Ultimo aggiornamento: 19:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA