Coronavirus, stop alla fecondazione assistita: previste 4.500 nascite in meno

Lunedì 6 Aprile 2020 di Alessandra Spinelli
Coronavirus, stop alla fecondazione assistita: previste 4.500 nascite in meno

Secondo l'ultima rilevazione dell'Istat - datata 11 febbraio, quando il coronavirus già allungava la sua sinistra ombra sul Paese - nel primo gennaio di quest'anno i residenti ammontavano a 60 milioni 317 mila, 116 mila in meno rispetto allo scorso anno.

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Le nascite in un anno sono state 435mila contro 647mila decessi: si tratta, sottolineava l'Istat,
«del più basso livello di ricambio naturale mai espresso dal Paese dal 1918».

La differenza è infatti di 212 mila unità: per ogni 100 persone che muoiono in Italia dunque ne nascono solo 67, dieci anni fa erano 96. Ora prurtroppo il Covid-19 sulla mortalità ha rimescolato le carte. In molti sperano che lo gfaccia anch esul fronte delle nascite e in molti sperano di vedere tra nove mesi un fiorire di fiocchi rosa e azzurri su quelle porte che per tanto tempo sono state chiuse al mondo ma che forse proprio per questo avranno fatto ritrovare un po' di intimità alle coppie italiane. Una speranza ovviamente, perché le cause della denatalità sono molteplici e una purtroppo, quella della difficoltà a procreare, ha proprio in questo periodo, un ostacolo in più.
I trattamenti per la fecondazione assistita sono ovviamente sospesi  e questo è avvenuto nel periodo in cui, e chissà perché, la domanda è di solito più alta. Così che i cicli riproduttivi non effettuati nel trimestre marzo-maggio porteranno a circa 4.500 nascite in meno.




Per le coppie coinvolte «si tratta di un temporaneo ma grave disagio, da affrontare con la corretta informazione e con equilibrio emotivo», sottolinea il ginecologo Antonino Guglielmino, presidente della Società Italiana della Riproduzione Umana (Siru). Secondo l'ultima Relazione sulla Procreazione medicalmente assistita presentata dal Ministro della Salute al Parlamento, in un anno in Italia sono stati eseguiti 97.888 trattamenti riproduttivi su 78.366 coppie, con la nascita di 13.973 bambini (ultimi dati disponibili, relativi al 2017). «Mantenere questi numeri - spiega Guglielmino - sembra molto difficile visto il prolungarsi della pandemia nel periodo primaverile, il più gettonato per accedere ai trattamenti».


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Se la sospensione si protrarrà almeno fino a maggio, si tratta minimo di tre mesi di fermo, che equivalgono a 30.000-35.000 cicli riproduttivi assistiti che non verranno effettuati, con una perdita stimata di 4.000-4.500 bambini che sarebbero nati. I freddi numeri raggelano, anche perché di solito dietro la decisione di effettuare la fecondazione assistita c'è un dolore e una consapevolezza di coppia imponenti. La Siru ha quindi attivato in tempi record due task force: una composta da infettivologi ed esperti di medicina della riproduzione e l'altra da psicologi e psicoterapeuti. Questi ultimi, in particolare, stanno seguendo con assistenza telefonica gratuita centinaia di coppie infertili che desiderano avere figli e sono costrette ad aspettare il superamento di questa fase emergenziale. Il messaggio è infatti che "rimandare non significa rinunciare», anche perché non ci sono dati che indichino che una donna che contrae il Covid-19 avrà problemi ad ottenere la gravidanza in futuro.




L'emergenza sanitaria in atto, spiega Guglielmino,
«ha determinato, sin dai primi momenti, una condizione di allarme, sia per la diffusione dell'infezione, sia nei confronti delle gravidanze in fase iniziale, per via della mancanza di dati scientifici validati da esperienze precedenti». Tali preoccupazioni, ancora prima dei decreti, ordinanze e provvedimenti adottati dal Governo e dalle autorità sanitarie, avevano spinto la Siru a redigere 10 raccomandazioni che indicavano i comportamenti da assumere nei centri italiani, «prevedendo innanzitutto la sospensione di nuovi trattamenti riproduttivi, fermo restando il completamento di quelli in corso». Inoltre, «stiamo rispondendo alle preoccupazioni e ai dubbi di tante donne con gravidanze in fase iniziale e  soprattutto -  conclude Guglielmino - ci stiamo preparando ad una lenta ripresa dell'attività assistenziale nella prospettiva di convivenza con il coronavirus».

Ultimo aggiornamento: 18:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA