Covid, per i positivi "ribelli" si pensa all'estensione del Tso

Lunedì 6 Luglio 2020 di Mauro Evangelisti
Covid, per i positivi "ribelli" si pensa all'estensione del Tso
ROMA Non è incoraggiante. A quattro mesi e mezzo dal paziente 1 di Codogno, dopo 35 mila morti e 240mila casi positivi, l'Italia sta ancora ragionando su come evitare che un paziente positivo sia tranquillamente per strada o un viaggiatore, che arriva da una zona ad alta circolazione del virus, aggiri la quarantena. Ma proprio in questa fase, dopo che il Paese ha saputo ridurre drasticamente la curva dei contagi, non si possono commettere errori. Si sta lavorando sul Tso chiesto da Zaia, il ricovero obbligatorio per il paziente positivo che invece di isolarsi, frequenta luoghi pubblici come faceva l'imprenditore vicentino ora in rianimazione. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, dopo un confronto con Zaia, si sta muovendo. La formula paludata, consegnata alle agenzie dall'entourage di Speranza, spiega: il ministro ha dato mandato all'ufficio legislativo del suo dicastero per verificare il quadro normativo sui trattamenti sanitari obbligatori (Tso); l'obiettivo: studiare una eventuale norma più stringente che riguarda la tutela contro il Covid dopo il caso del focolaio veneto.

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VERIFICA
Il passaggio successivo sarà la verifica politica, dunque con la maggioranza e con il presidente del Consiglio, per valutare come e se applicare questa misura che ha dei risvolti collegati alle libertà personali. In parallelo, corre il caso sollevato ieri da un altro governatore che però è anche segretario del Pd, partito di maggioranza, Nicola Zingaretti. Secondo il presidente del Lazio è necessario che già in aeroporto si sottopongano ai tamponi i passeggeri in arrivo da Paesi Extra Ue. In Italia non viene fatto, c'è solo l'obbligo dell'isolamento domiciliare che è però su base fiduciaria; come lo stesso Zingaretti denuncia, questa formula non funziona, viste le decine e decine di casi di importazione ormai registrati. Il Lazio, se il governo non interverrà, si muoverà con una sua ordinanza. L'esecutivo, sul controllo delle frontiere, ha mostrato più prudenza degli altri Paesi dell'Unione europea: c'è una lista di 15 nazioni (ad esempio Corea del Sud e Giappone) dalle quali si può arrivare ed entrare nei confini della Ue senza dovere rispettare la quarantena, ma l'Italia invece ha scelto di mantenere le due settimane di isolamento. Nella pratica, però, il nostro Paese sembra avere sottovalutato il reale impatto di decine e decine di persone che ogni giorno atterranno negli aeroporti italiani dopo essere partiti da paesi extra Ue. Molti altri arrivano via terra dai Balcani. L'effetto: una marea di casi di importazione in Veneto, in Toscana, nel Lazio, in Campania, in Puglia. E i dati di ieri dell'andamento dell'epidemia sono buoni perché diminuiscono i nuovi casi positivi e i decessi, ma hanno anche elementi di preoccupazione perché aumentano il numero di pazienti ricoverati in terapia intensiva e negli altri reparti e anche quello dei casi attualmente positivi. Il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia, parlando al Tg3 dei nuovi focolai, ha ricordato: «Le Regioni hanno gli strumenti per intervenire. Il meccanismo è rodato e funziona. Le leggi ci sono, vanno applicate. Quando c'è un focolaio, le Regioni in totale autonomia possono intervenire per attuare tutte le restrizioni possibili». Se vogliono, è la sintesi, possono anche istituire zone rosse.

NODI
Più complicato, nonostante l'apertura di Speranza, il ricorso al Tso per i malati di Covid-19 che rifiutano il ricovero. Già oggi se una persona è positiva e non resta in isolamento, ha una sanzione penale (da 3 a 18 mesi di carcere) e c'è una multa fino a 5mila euro. Ma la sanzione arriva quando ormai il danno è stato fatto. Il professor Walter Ricciardi, ordinario di Igiene all'università Cattolica di Roma e consigliere del ministero della Salute, è scettico sulla possibilità di ricorrere a uno strumento come il Tso: «Dovrebbe deciderlo il sindaco? Mi sembra complicato. Secondo me bisogna usare soprattutto gli strumenti che esistono. E combattere con forza questo sentimento generale, sbagliato, secondo cui l'epidemia è finita. Bisogna tornare a comportamenti prudenti. Pensiamo alla app Immuni: perché in così pochi l'hanno installata? Perché non si fa abbastanza per promuoverla?».

 
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