Coronavirus, 8mila medici rispondono al bando per trovarne 300 da mandare negli ospedali del Nord

Sabato 21 Marzo 2020
Coronavirus, 8mila medici rispondono al bando per trovarne 300 da mandare negli ospedali del Nord

In primi linea, in trincea, al fronte: sono stanchi e feriti, nel fisico e nell'anima, ma non arretrano mai. Il coronavirus non è ancora sconfitto, ma c'è già chi ha vinto. Sono i medici e gli infermieri da settimane al fianco degli ammalati e delle loro famiglie.

«L'Italia migliore», come il ministro Francesco Boccia definisce i circa ottomila che, da ogni parte, hanno risposto al bando per la creazione della task force di 300 medici da inviare nelle regioni del nord.

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«È l'ennesima risposta generosa di cui tutti noi italiani possiamo andare fieri», li ringrazia Giuseppe Conte. «Eroi dal camice bianco», come li definisce il premier, giovani e anziani che, una volta selezionati, riceveranno un «premio di solidarietà» di 200 euro per ogni giorno di lavoro. In base all'ordinanza 654, firmata ieri dal capo della Protezione civile, i «soldati di Ippocrate» affiancheranno i colleghi che, dopo giorni di battaglia, sono «allo stremo».

«La situazione è grave: nei prossimi giorni sarà drammatica», scrive l'Ordine dei Medici del Piemonte, che in una lettera chiede al governo di «intervenire con urgenza» perché iniziano a scarseggiare i posti letto in rianimazione e nei reparti«.

Medici disperati, sprovvisti anche di adeguati dispositivi di protezione. Non soltanto delle ormai famose mascherine.
 
 


Come all'ospedale Parini di Aosta, i sacchi di plastica per l'immondizia indossati al posto dei camici idrorepellenti che non ci sono più.

«È una carenza significativa perché le mascherine è più facile recuperarle e costruirle, i camici un pò meno - spiega il direttore sanitario dell'Usl della Valle d'Aosta, Pier Eugenio Nebiolo - Dobbiamo proteggere i nostri operatori a contatto con i pazienti, altrimenti diventa poi difficile curarli».
 


La stanchezza è grande, non soltanto quella fisica. «Torniamo a casa dal lavoro con il cuore stretto nella morsa del dolore, pensando a chi non ce l'ha fatta, a chi non ce la farà nonostante i nostri sforzi, pensando alle loro famiglie distrutte e alle nostre che ci guardano da lontano temendo un nostro crollo psicofisico», dice la dottoressa Emanuela Cataudella, del pronto soccorso dell'ospedale San Carlo Borromeo di Milano. Non a caso l'ospedale Mauriziano di Torino ha attivato un Servizio di supporto psicologico per i dipendenti.


«Una possibilità di ascolto, condivisione e supporto, al telefono o via Skype, in un periodo di destabilizzazione e di incertezza - spiega il presidio sanitario - che vede il personale sanitario impegnato in un grande sforzo di cura e solidarietà, ma anche di isolamento e frustrazione che ha delle ripercussioni sull'equilibrio emotivo«. Il mantra, negli ospedali, resta comunque »ce la faremo». «Siamo impegnati quotidianamente, a vario livello e in differenti ruoli, nella gestione di questa 'imprevedibile calamità' - sottolinea Sciretti - Oggi, per una giusta causa e con l'orgoglio di chi si è sempre speso per proteggere la salute delle persone, teniamo duro. Noi, che non siamo gli eroi del momento ma i professionisti di sempre».

Ultimo aggiornamento: 21:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA