L'imprenditrice Menbere Aklilu: «Roma mi ha dato tanto, aiuto Gemelli e Spallanzani»

Domenica 22 Marzo 2020 di Simone Canettieri
L'imprenditrice Menbere Aklilu: «Roma mi ha dato tanto, aiuto Gemelli e Spallanzani»

San Francisco, California. La terza vita di Menbere Aklilu è quella di un'imprenditrice di successo. E' la proprietaria del ristorante Salute e vita. Un nome italiano in onore del suo passato. Un nome che adesso, in queste ore drammatiche, suona come un obiettivo per il nostro Paese: salute e vita. Aklilu ha aderito alla campagna de Il Messaggero a favore dello Spallanzani e del Gemelli: ha donato 25 mila dollari. Ha accettato che il suo gesto non rimanesse anonimo. «Anche se non ho bisogno e non voglio pubblicità», racconta dall'altro capo del telefono e del mondo. Ma la sua storia meritava di essere raccontata. Partendo dalle sue due vite precedenti.

Innanzitutto, grazie. E poi perché?
«Quasi 37 anni fa sono immigrata in Italia dall'Etiopia. Roma mi ha accolta con amore, mi avete aperto la porta ed anche il cuore. Sono stata tanti anni in Italia. Nel vostro paese viveva già il padre di mio figlio, mio connazionale, ed io lo avevo raggiunto. Dopo un lungo periodo di violenze, scappai di casa. Ero incinta di 9 mesi e mi ritrovai sulla strada. Vivevo da senzatetto. Con l'aiuto di un prete trovai rifugio dalle Suore Missionarie della Carità di Madre Teresa di Calcutta, in via Sant'Igino Papa. I romani mi hanno insegnato come si vive, come si lavora, come si risparmia, come si ama. A Roma per la prima volta mi è stato detto che ero bella, in Etiopia non era mai successo».

Roma adesso, come il resto dell'Italia, è una città spettrale. Chiusa. In emergenza.
«Lo so. Quando una mia amica italiana mi ha segnalato la vostra iniziativa per aiutare in maniera concreta due ospedali che lottano non mi sono tirata indietro: dovevo fare la mia parte. Adesso, in questi giorni, vedo in tv San Pietro, dove mio figlio è stato battezzato, vuota. La chiesa di San Bellarmino, dove mio figlio ha fatto la comunione, è vuota. Le strade dove ho camminato e sono stata corteggiata mi sembrano un deserto. Non posso trattenere le lacrime, scorrono come un fiume. Siamo separati, però vicini con il cuore».

Quale messaggio vuole mandare ai romani e ai nostri lettori?
«Sono sicura che ce la farete, che supererete anche questo, perché siete italiani. Non vedo l'ora di ritornare nella mia cara Italia, di camminare per le strade piene di gente, essere chiamata a' bella. Non vedo l'ora di festeggiare la fine di questi giorni. Brindare con un bicchiere di vino».

La paura in Etiopia, i sacrifici e l'accoglienza a Roma e adesso la sua nuova vita negli Usa: come ha realizzato il suo sogno americano?
«Dal 1995 viviamo in California, a San Francisco, con mio figlio. Sono partita come lavapiatti in un ristorante. E poi ho avuto la fortuna di conoscere una famiglia che ha creduto in me: mi ha prestato mezzo milione di dollari per comprare il ristorante dove lavoravo. E così è iniziato tutto. Ogni anno per la festa del Ringraziamento offro 1.500 pasti ai senzatetto: è il mio modo per dire grazie».

Poi Aklilu non riesce a trattenere le lacrime.
«Sento che adesso è arrivato il momento per me di dare qualcosa a voi, quindi ho deciso di donare 25 mila euro per sostenervi in questo momento così terribile. Per dirvi che vi penso, per dirvi grazie. Potete e dovete farcela, state bene a casa, perché la felicità è fatta in casa. Ci vediamo a Roma».

 

Ultimo aggiornamento: 23 Marzo, 09:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA