Coronavirus, «La Lombardia poteva chiudere Alzano». Conte accusa. Fontana: colpa di entrambi

Martedì 7 Aprile 2020 di Barbara Jerkov
Coronavirus, «La Lombardia poteva chiudere Alzano» Conte accusa. Fontana: colpa di entrambi

«Su Nembro e Alzano abbiamo sbagliato o fatto bene? Riteniamo di aver agito in scienza e coscienza, ce ne assumiamo tutta la responsabilità. Con la zona rossa estesa a tutta la Lombardia riteniamo di aver assunto una decisione più rigorosa. Ci sarà poi il tempo per giudicare e io non mi sottrarrò. Ora è il momento della concentrazione e del coraggio per uscire dall'emergenza tutti insieme». A sera, reduce dal Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte non fa nulla per minimizzare la portata della nuova tensione che agita i rapporti tra il governo e il presidente della Lombardia, Attilio Fontana.

Coronavirus, accordo anti file: i carabinieri consegnano la pensione

Imprese, cura da 400 miliardi. Conte: «Risorse poderose»



Questa volta a lanciare la sfida al governatore era stato proprio il premier, convinto che «se la Lombardia avesse voluto, avrebbe potuto fare di Alzano e Nembro zona rossa» visto che «le Regioni non sono mai state esautorate del potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti». Alzano e Nembro. Ovvero i due paesini in provincia di Bergamo dove i primi casi di coronavirus vennero trattati come qualsiasi altra polmonite, nonostante i primi tamponi positivi risalgano addirittura al 23 febbraio, con un ritardo nel dare l'allarme che, con buona pace per la vantata eccellenza della sanità lombarda, ha provocato una vera e propria ecatombe dilagando nella Bergamasca.

RICHIESTE
«Io non ritengo che ci siano delle colpe in questa situazione», la replica di Fontana aggiungendo che «ammesso che ci sia una colpa, la colpa eventualmente è di entrambi». Detto in altro modo: la Regione, ricostruiscono al Pirellone, aveva chiesto il 3 marzo la zona rossa nella Bergamasca e il governo con il decreto dell'8 marzo ha fatto diventare zona rossa tutta la Lombardia, quindi «forse su Alzano si sarebbe potuto fare qualcosa di più rigoroso, ma dopo che era stata istituita una zona rossa noi non avevamo neanche da un punto di vista giuridico la possibilità di intervenire». A sera la Lega si affretta a far sapere di una telefonata di Sergio Mattarella a Fontana in cui il Capo dello Stato avrebbe espresso «pieno sostegno all'attività del governatore, della Regione, dei medici e dei sindaci». Il tentativo, è chiaro, è quello di far intendere un assist in chiave anti-Conte che, ovviamente, non era nelle intenzioni di Mattarella il quale, in questa vicenda, sente spesso - e lontano dai riflettori - i presidenti delle Regioni travolte dal virus. Ma tant'è.

Nuovi scambi di accuse, insomma. A poche ore dalla conferenza Stato-Regioni in cui venerdì scorso il prmier aveva chiesto con forza ai governatori di cambiare radicalmente atteggiamento, perché di fronte a un'emergenza di tutto c'è bisogno fuorché di appellarsi a un neo-autonomismo, rivendicando prerogative gli uni contro gli altri e tutti insieme contro il governo centrale. «In questo difficile momento per la nazione dobbiamo continuare a lavorare con la massima correttezza e collaborazione istituzionale», li aveva richiamati Conte. La verità è che l'intera maggioranza ormai non lesina critiche al Titolo V della Costituzione che - Pd, M5S e Iv lo dicono chiaramente - finita l'emergenza andrà riscritto, inserendo una clausola di supremazia per lo Stato, così da evitare nuove Babele campaniliste come queste cui stiamo assistendo. «Adesso basta», li attacca l'ex ministro leghista Roberto Calderoli, «il governo e il premier Conte che avevano la responsabilità di decidere non giochino a scaricabarile sulla Regione Lombardia».

Conte però risponde punto per punto: «Dopo la prima indicazione del comitato tecnico scientifico il giorno 3 marzo, il giorno 5 ho chiesto io stesso di articolare meglio le ragioni a supporto di questa richiesta. Il giorno 6 ho discusso per ore con i componenti del comitato tecnico scientifico e alla fine siamo arrivati alla conclusione che si imponeva una zona rossa per l'intera Lombardia. E il giorno 7 ho firmato», prosegue. «Rispetto a Codogno e Vò siamo in una prospettiva temporale diversa: questa è la differenza. Quei due Comuni li abbiamo cinturati perché erano i due focolai individuati all'inizio, ma dopo abbiamo ritenuto che la zona rossa si imponeva per l'intera regione». La vicenda, forse, è chiarita. Lo scontro governo-Regione Lombardia, però, è solo iniziato.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA