È stata trovata morta carbonizzata una settimana fa, nel camper in cui viveva, la professoressa trans Cloe Bianco.
E ancora: «Sentire la propria sessualità in modo diverso, particolare, omosessuale, transessuale è una cosa ha specificato la Donazzan - ma non è la scuola il luogo della ostentazione perché di questo si trattò. Perché dire che si è omosessuali è una affermazione, presentarsi in classe, perché questo accadde, con una parrucca bionda, un seno finto, una minigonna e i tacchi è un'altra cosa». L'assessora Donazzan, che continua a parlare della Bianco al maschile, ha raccontato di essere finita nel mirino delle accuse, e non solo: «Da tre giorni i miei social sono attaccati con minacce di morte, con parole d'offesa a me e alla mia famiglia, alla mia vita».
LE REAZIONI
Immediate le repliche alle dichiarazioni dell'Assessora del Veneto: «Per chi è, per cosa ha detto, per cosa ha ripetuto ancora oggi Elena Donazzan ha scritto su twitter il deputato dem, Filippo Sensi - è intollerabile che ricopra ancora quel ruolo istituzionale. Intollerabile. Senza alcuna scusante. Se ne deve andare. La peggiore destra, la più totale mancanza di rispetto, umanità, decenza». Intanto ieri un gruppo di studenti, docenti e attivisti di Non una di meno si sono radunati davanti al ministero dell'Istruzione, a Roma, in memoria della docente morta suicida: i manifestanti erano lì per chiedere al ministero che non accada mai più.
LA TRANSFOBIA
Tra i vari striscioni esposti durante il sit-in si leggeva la scritta Liberiamo la scuola dalla transfobia, invocando una scuola più inclusiva e meno discriminatoria. Solidarietà alla docente è stata espressa anche dai suoi ex studenti che, scrivendo sui social, ricordano l'atmosfera che si respirava nell'istituto quando la professoressa era ancora in cattedra. «Era la mia professoressa - ricorda Sara - e la cosa peggiore è che i genitori in primis la vedevano come un fenomeno da baraccone facendo code lunghissime ai colloqui con lei - cosa che prima non succedeva mai - solo per vederla di persona e poi deriderla». E ancora: «Purtroppo la mia scuola aveva professori e preside che non avevano tatto nelle cose, sono stati i primi a parlarne con disprezzo». E c'è chi racconta come, anche al di fuori della scuola, la docente venisse lasciata ai margini: «Avevo come cliente una signora felice perché avevamo scarpe coi tacchi fino al 44 scrive una commessa di un negozio di scarpe - il mio datore non la salutava, le mie colleghe me la rifilavano'. Ben contenta di metterle la scarpetta come Cenerentola e la trattavo come una vera principessa».