Scarcerazioni Coronavirus, ai domiciliari tre boss della camorra di Ercolano

Martedì 12 Maggio 2020 di Carla Cataldo
Scarcerazioni Coronavirus, ai domiciliari tre boss della camorra di Ercolano

La decisione è stata ufficializzata ieri. Raffaele Cutolo, il capo della Nuova Camorra Organizzata, resterà in carcere, al 41-bis. Lo ha deciso, nelle scorse ore, il tribunale di sorveglianza di Reggio Emilia. Il giudice ha respinto la richiesta di sospensione di esecuzione della pena con applicazione provvisoria della detenzione domiciliare. Istanza presentata, nelle scorse settimane, dall’avvocato del super boss Gaetano Aufiero. Sfuma così, la speranza del padrino pluriergastolano di poter tornare a casa, nella sua Ottaviano.

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I legali di Cutolo avevano chiesto gli arresti domiciliari aggrappandosi alle parole delle famosa circolare del Dap che tanto ha fatto discutere. Un documento - quello firmato dall’ex numero uno del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Francesco Basentini - con il quale si chiedeva ai vari penitenziari di stilare una lista dei detenuti maggiormente a rischio a causa del diffondersi della pandemia. E tra i requisiti indicati c’erano sia l’età (oltre i 70 anni) sia l’essere affetti da gravi patologie. Requisiti che il boss, oggi 78enne, possiede (almeno secondo il suo avvocato). Qualche mese fa, prima del lockdown, Cutolo è stato anche ricoverato d’urgenza all’ospedale di Parma in seguito a una crisi respiratoria acuta. Qualche giorno prima dell’esplosione del contagio il padrino è stato dimesso ed è tornato in cella. Secondo il giudice di sorveglianza che gli ha negato la scarcerazione, il padrino è adeguatamente curato in carcere e - si legge in un passaggio del provvedimento - non ha una malattia di «gravità tale da potersi formulare una prognosi infausta quoad vitam», e «l’ampia documentazione acquisita comprova una situazione detentiva rispettosa della dignità personale». 

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Nel provvedimento il magistrato di sorveglianza Cristina Ferrari dà conto del sostegno dato al carcere di Parma dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, con l’invio l’8 maggio scorso di otto operatori socio-sanitari che si occupano anche del boss della camorra, cui sono stati forniti anche un letto dotato di sponde e un materasso antidecubito. Ma l’avvocato del boss attende l’esito della decisione del tribunale di sorveglianza di Bologna e ripete che Cutolo è in «condizioni gravissime». «Il provvedimento - afferma l’avvocato Gaetano Aufiero - ora finirà dianzi al tribunale di sorveglianza di Bologna, cosa che sarebbe accaduta anche se fosse stata accolta l’istanza. La notizia non è ancora giunta personalmente al mio assistito ma per lui che ormai è stanco non cambia nulla. Già anni fa si era detto pronto a vivere la sua condizione in solitudine interrompendo tutti i legami. Questa decisione non lo deluderà oltre modo. La moglie ha accolto la notizia con compostezza anche se lei, che l’ha visto due mesi fa e ci ha parlato 15 giorni fa, sa che è gravissimo e rischia di morire anche per un colpo di tosse». 
 


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Intanto il boom di scarcerazioni eccellenti non si è fermato. E a Ercolano il ritorno a casa di diversi camorristi di rango ha suscitato più di una preoccupazione. Nella città anti-camorra, quella dei 500 arresti e dei boss sepolti vivi al carcere duro, sono tornati - anche grazie alle leggi anti-contagio in carcere - tre esponenti di spicco della criminalità organizzata. Da Vincenzo Lucio, affiliato dei Birra condannato due volte all’ergastolo per due diversi omicidi e finito ai domiciliari, a Mario Ascione, boss e figlio del padrino Raffaele ‘o luongo. Ascione, assolto per il reato di omicidio, ha addirittura lasciato, qualche settimana fa, il 41-bis dopo circa dieci anni di reclusione. Sul suo capo pende una condanna all’ergastolo non definitiva e un processo per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Ed è tornato libero anche Gennaro Dantese, fratello di Natale, quest’ultimo ritenuto figura apicale del clan Ascione-Papale.
Nomi pesanti che hanno spinto il sindaco, Ciro Buonajuto e il presidente dell’associazione antiracket, Pasquale Del Prete, a lanciare un Sos al Prefetto di Napoli. «Non sta a noi giudicare il provvedimento attraverso il quale si è proceduto alla scarcerazione - le parole di Buonajuto - ma favorire la ricostituzione delle cosche locali, dopo tanti anni di dolore, lavoro e sacrifici, sarebbe un peccato imperdonabile».

Ultimo aggiornamento: 13 Maggio, 08:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA