Neonate scambiate in culla 33 anni fa, lo scoprono per caso su Facebook: risarcimento da 1 milione

Una donna di Canosa in Puglia otterrà un risarcimento dalla Regione assieme alla sua vera famiglia (madre, padre e fratello), a cui per 23 anni sono stati impediti i rapporti familiari

Lunedì 19 Settembre 2022
Scambiate in culla da neonate, lo scoprono per caso su Facebook: risarcimento da un milione da parte della Regione

Due bambine scambiate in culla nel 1989. Dieci anni fa la scoperta, guardando delle foto su Facebook e notando una somiglianza incredibile tra due donne che non avevano alcun legame di parentela. Quindi, l'esame del Dna che conferma i sospetti: Antonella e Loreta non erano state consegnate alle loro mamme biologiche, ma scambiate in culla nella nursery dell'ospedale. Poggia su questi elementi la sentenza del Tribunale civile di Trani che ha riconosciuto un risarcimento dei danni di circa un milione di euro ad una donna di 33 anni e alla sua vera famiglia (madre, padre e fratello), a cui per 23 anni sono stati negati gli affetti familiari a causa dello scambio di due neonate in culla nell'ospedale di Canosa di Puglia.

A pagare - hanno stabilito i giudici - dovrà essere la Regione Puglia, mentre nei confronti delle Asl Bari e Bat, citate in giudizio dalla ricorrente, è stato escluso qualsiasi coinvolgimento perché, all'epoca dei fatti, l'ospedale di Canosa dipendeva dalla Regione. La vicenda incredibile è quella di Caterina (che credeva di aver partorito Lorena, invece era la mamma di Antonella) che ora dovrà essere risarcita con 215 mila euro, stessa somma per suo marito, mentre 81mila euro andranno all'altro figlio, «per non aver potuto vivere compiutamente la relazione parentale».

Puglia, Regione dovrà risarcire donna che fu scambiata in culla

Ad Antonella, invece, la Regione pagherà circa mezzo milione, risarcimento molto più basso dei 3 milioni chiesti dalla donna. Antonella è cresciuta in una famiglia indigente e ha avuto una vita tristissima: il padre la maltrattava, l'ha fatta finire in un istituto e poi, con la moglie, ha deciso di darla in adozione. Lorena, invece, ha avuto una vita fatta di contrasti con i genitori, ma la sua situazione non è minimamente paragonabile alla sofferenza patita da Antonella. La scoperta della loro vera identità risale al 2012. Guardando delle foto su Facebook notano delle somiglianze eccezionali tra donne che non hanno alcun rapporto di parentela. L'anno successivo i sospetti vengono confermati dall'esame del Dna, dal quale risulta che Antonella è figlia di Caterina e Lorena di Loreta.

Passano gli anni e partono due cause di risarcimento milionarie alla Regione, una davanti al Tribunale di Bari l'altra dinanzi ai giudici di Trani, che hanno emesso la sentenza. Quest'ultimo ricorso è intentato da Antonella e dai suoi veri genitori. Dalla ricostruzione dei fatti risulta plausibile, oltre ogni ragionevole dubbio, che le due neonate siano state scambiate nelle culle del nido, subito dopo il parto: a nessuna delle due, infatti, fu applicato il braccialetto identificativo. Quindi, le puerpere non furono in grado di riconoscere l'errore. Il personale ospedaliero - è scritto in sentenza - ha l'obbligo di operare perché il parto e le successive cure avvengano senza danni, ma anche di «consegnare» alla madre il neonato che ha partorito. Da qui l'inadempimento contrattuale - come lo chiamano i giudici - da parte della struttura e il danno gravissimo provocato alle persone coinvolte nella vicenda.

Ultimo aggiornamento: 20 Settembre, 11:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA