Dalla bottega di quartiere passata di mano di padre in figlio al ristorante che non ha mai abbandonato il centro.
IL PROGETTO
Il progetto, a prima firma del senatore leghista Gian Marco Centinaio, è appena stato presentato a Palazzo Madama. E presto approderà in commissione Attività produttive per cominciare il suo iter parlamentare. Quando vedrà la luce? L’esponente del Carroccio è ottimista: «Le risorse già ci sono – spiega Centinaio – 150 milioni di euro in tre anni di fondi attualmente stanziati a favore del ministero delle Imprese e del made in Italy, che in passato non sono stati spesi. E che quindi possono essere facilmente destinati a questo scopo».
Ma cosa prevede esattamente il disegno di legge? L’obiettivo della proposta è aiutare i «locali storici» a sopravvivere alla desertificazione di attività commerciali di piccola e media grandezza nelle città, e soprattutto nei loro centri storici. Dove negli ultimi dieci anni, si legge nella bozza del testo, «si è assistito a una trasformazione del tessuto commerciale, segnata dalla riduzione di negozi e botteghe tradizionali che hanno lasciato il posto a grandi catene oppure a piccoli negozi di minuteria cinese». Una vera e propria ecatombe, secondo Confcommercio, che stima in oltre 100mila le attività che hanno chiuso i battenti dal 2012 al 2022. Tanto che anche l’assessorato al Commercio del Comune di Roma, in collaborazione con le amministrazioni di Lisbona e Barcellona, starebbe lavorando a una proposta comune da presentare al Parlamento europeo per impedire la scomparsa delle botteghe storiche delle tre città. Il ddl va nella stessa direzione: salvare quei locali e negozi che abbiano svolto «per almeno settanta anni un’attività di produzione, somministrazione o vendita al dettaglio nello stesso settore merceologico». Ristoranti, caffè e alberghi di lunga data, ma anche laboratori e rivendite artigiani che non abbiano mai abbandonato le origini.
I REQUISITI
I requisiti? Oltre all’età, per ricevere il contributo verrà richiesto di non aver mai cambiato sede. O, se lo si è fatto, bisognerà dimostrare che l’attività sia stata portata avanti «da almeno due generazioni consecutive di una medesima famiglia». In caso di cessione a un nuovo titolare, invece, per aver accesso ai benefici bisognerà aver mantenuto invariati «il settore merceologico», «le modalità di vendita o di produzione» e «le caratteristiche strutturali dei locali, gli stili e gli arredi delle origini».
Il ddl prevede poi l’istituzione di un «registro regionale dei locali storici», una sorta di bollinatura per gli esercenti accreditati. Che, per ricevere i fondi, dovranno rivolgersi ai rispettivi Comuni, che destineranno le risorse messe a disposizione dal ministero del made in Italy: 50 milioni l’anno per i prossimi tre anni. Gli aiuti potranno assumere la forma di un contributo per l’affitto, o per il «restauro» del locale se l’esercente è il proprietario. O ancora, potranno tradursi in «riduzioni o esenzioni dalle imposte o dai tributi posti a carico dei locali storici».
Di quanto si parla? «Ci stiamo lavorando – spiega Centinaio – Ipotizziamo di alcune decine di migliaia di euro». Per il senatore, la legge potrebbe rappresentare una boccata d’ossigeno per i centri storici, «ma anche per le periferie e per i piccoli Comuni». «In Italia – continua Centinaio – abbiamo un enorme patrimonio storico e culturale, che passa anche dalla presenza di locali secolari che propongono piatti tipici, di botteghe che eseguono lavorazioni a rischio scomparsa. Il nostro obiettivo – conclude – è quello di far sì che possano continuare a vivere».