Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Nomadland, un Leone in giro per l'America
Ma il capolavoro è un film di 20 anni fa

Sabato 1 Maggio 2021

Si torna al cinema. E questa è già una grande, bella e salutare notizia. Speriamo solo che possa durare, tornando pian piano a una nomalità consolidata

A Hong Kong due coppie vivono come ospiti in due appartamenti attigui. Il giornalista Chow e la segretaria Su si incontrano spesso sulla porta e sulle scale, in assenza dei rispettivi consorti, che per diverse ragioni sono altrove. Scoprono così di avere una forte attrazione, ma soprattutto che gli altri due sono amanti da tempo. Decidono quindi di non approfittare della situazione, per non commettere lo stesso tradimento. Così vivono una relazione platonica, mentre Chow lascia Hong Kong. Sullo sfondo le trasformazioni politiche della zona asiatica irrompono nel racconto personale. A vent’anni dalla uscita di "In the mood for love", la friulana Tucker distribuisce la copia restaurata in 4K di questa meraviglia assoluta. Un film che è una riflessione sul tempo, sulla Storia, sulle relazioni umane: un melò ellittico di pura, straordinaria regia, di raffinata sensualità, tra vestiti cangianti e musiche ostinatamente ricorrenti, in un impianto quasi teatrale, in assenza di campi lunghi, tra morbidi carrelli e un montaggio che segue le percezioni e i sentimenti dei protagonisti. Struggente finale sulla memoria e sul passato, tra le magnifiche rovine di Angkor Wat. Da Wong Kar-wai una lezione di cinema. Non innamorarsene è impossibile. Capolavoro. Voto: 10.

UN CAMPER, L'AMERICA - Senza dubbio è provvidenziale che nella settimana di riapertura delle sale cinematografiche, il film di punta sia proprio “Nomadland”, che da Venezia lo scorso settembre spiccò il volo grazie al Leone d’oro, conquistando ulteriori riconoscimenti fino al recentissimo Oscar. Forse troppa manna, perché l’opera terza di Chloé Zhao, regista cinese, naturalizzata Usa, sembra cogliere gli aspetti più superficiali di un mondo sgretolato e isolato, contando sulla sempre straordinaria presenza attoriale di Frances McDormand (terzo suo personale Oscar), emotivamente coinvolgente nel suo viaggio solitario attraverso l’America più ruvida. Dopo il crollo delle attività economiche nel Nevada e da tempo senza marito, Fern decide di partire col suo furgone, in cerca di un motivo, non solo esistenziale, perché il lavoro è necessario sempre. Zhao ritrova le sue atmosfere preferite, portandoci a contatto con la vita nomade negli incontri che si susseguono, con una sintassi ellittica, riflettendo sulle priorità della vita, sul desiderio di sconfinare dai bisogni quotidiani, di affrontare le difficoltà senza troppi aiuti, rinunciando a tutti quegli aspetti protettivi, consolatori, anche all’interno della propria famiglia. Certo il paesaggio fa il resto e aiuta a trovare quel mood struggente, nonostante il film si sfianchi sulle prevedibili, insistite malinconiche di Ludovico Einaudi. Però, però… Se il pauperismo meticoloso come scelta di vita “into the wild” si fonde con l’esplorazione dello spazio come entità straziante, la disperazione palpabile di una realtà, che sembra attingere al mito di un’esistenza alternativa, risulta piuttosto fragile, oltre che retorica, e la componente documentaristica così blandamente riassunta, attraverso incontri e quadretti di quotidianità rarefatte (molti attori sono veri nomadi), non esplode mai per davvero, accontentandosi di una malinconica simbiosi con la natura, trascurando gli aspetti più sociali e politici, a cominciare da quella sottile distinzione tra homeless e houseless, e da quell’impiego saltuario con Amazon. Ma intanto Zhao è già Marvel. Voto: 6,5.

UNA FAMIGLIA E L'AMERICA - Negli anni ’80 la famiglia del piccolo David, di origine coreana, si trasferisce dalla costa della California all’interno rurale dell’Arkansas. Il padre cerca di avviare un’attività che possa permettere alla moglie e ai due figli una quotidianità discretamente agiata, ma le cose vanno in tutt’altra direzione. E intanto dalla Corea arriva anche la nonna materna, ancora saldamente “asiatica”. Dimostrando una sensibilità non comune, il regista Lee Isaac Chung firma una commedia drammatica, negli anni in cui l’America si esalta con il reaganismo, mettendo in difficoltà chi non ha mezzi e risorse per pianificare presente e futuro. Un film dal passo tradizionale e semplice, ma al tempo stesso efficace, che riesce a creare una forte empatia con i personaggi, grazie anche alle ottime prove attoriali. Il titolo è simbolico e appartiene a una pianta asiatica come il crescione, dimostrazione come le varie culture possano interagire. Voto: 6,5.

Ultimo aggiornamento: 11:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA