Luciana Boccardi
MODI E MODA di
Luciana Boccardi

Fiorella Mancini: artista veneziana
da non dimenticare

Domenica 11 Aprile 2021 di Luciana Boccardi

Non l’ho mai considerata una ”stilista” di moda come era  -  ed è - prassi definire Fiorella Mancini e questa distinzione era stata per noi due motivo di scambi di vedute forti, divertenti, interessanti sempre con l’ironia arrogante di Fiorella  che  io inserivo a pieno diritto nella qualifica degli artisti. Fiorella (Fiore per gli amici)  era di fatto un ‘ artista a tutto tondo che riusciva a far diventare opera di ingegno, di satira, di comunicazione  combattiva ogni pensiero, mai casuale, sempre mirato a portare avanti il suo ideale di protesta, di contestazione, per il quale aveva trovato il canale più facile per lei e più funzionale allo scopo . Perché le armi usate  per la sua “guerra” infinita erano il divertimento, la trasgressione, lo scandalo innocente mascherato da scherzo di Carnevale o  da fantasia bizzarra dell’autore. In realtà ogni sua performance mirava dritto al cuore di una realtà da rimuovere, una denuncia sociale, un  vizio di tradizione da estirpare. Diciamo che Fiorella Mancini era una moralista convinta, una bigotta della protesta intelligente. Soprattutto non bisogna dimenticare che la sua opera d’arte più riuscita  fu il sodalizio con Plinio Danieli, amato e rispettato , senza la cui adesione  le sue sarebbero rimaste opere  solo immaginate,  perché sempre all’idea geniale deve succedere la realizzazione e sempre l’apporto fattivo  di quello che fu il compagno ideale di tutta la vita fu determinante del successo. Diciamo che a sua volta per Plinio Danieli, architetto di vaglia, una compagna  geniale  come Fiorella rappresentava la sua verità celata, il suo pensiero trasferito su piste amene, stravaganti, mai attaccabili fino in fondo perchè affidate allo scherzo, al gioco, alla festa. Fu questa dimensione, la festa che non finisce mai perchè continua a frullare prima durante e dopo, che incantò e trasformò  Gianni De Michelis.  Di questa trasformazione sussurravano a Venezia voci più o meno amiche del giovane intellettuale  destinato a diventare il politico più chiacchierato d'Italia,  da giovanissimo  invece apprezzato e colto  ricercatore ,  apparentemente destinato solo al mondo degli studi  e - come lo ricordavo anch’io  -  presenza timida , rara e riservatissima , a qualche festina in casa di amici dove restava appartato e quasi annoiato  . Se ci avessero detto che la   “festa”  -   intesa come linguaggio di protesta oltre che di apprezzato abbandono trasgressivo  -  sarebbe diventata per lui quasi una scuola di pensiero  destinata a riservargli  la messa al bando a parte di  “codini””  ma anche di  sostenitori dissenzienti,  avremmo giurato che non era immaginabile. Fu invece possibile  comprenderlo all’intuito  di  Fiorella Mancini , acutissima osservatrice e in questo senso divenuta incantatrice   e musa agli occhi dell’uomo potente che interpretò per i suoi anni di socialismo  vincente  la furia della festa come espressone irrinunciabile tanto da venire indicato come colui che ad una festa  partecipava senza confine di resistenza fino all’alba che lo rivelava  sudatissimo e forse più affaticato di quanto   fosse necessario per cavalcare quello che per lui restava certamente un difficile transfert.

 Fiore , con quella voce che Gian Francesco Malipiero  definiva  falsetteggiante, l’aria  sapientemente svagata  ( da “falsa- matta” intelligente ) che sfruttava ogni possibile  canale di evasione per contestare il  perbenismo, anche quello più innocuo e forse non tutto negativo che si opponeva alla sua sete di liberazione senza confini.  Accanto:   Plinio Danieli, apparentemente solo preoccupato di portare avanti il suo lavoro di architetto apprezzatissimo e in quel tempo anche  sostenuto da forze politiche vincenti, stava   nelle retrovie che in realtà erano  la ribalta  vera  di ogni performance. Il braccio e la mente? Non divisi però perchè entrambi erano a loro volta braccio e mente di ogni opera d’arte che poteva essere l’irrisione  dei  Dogi  barbuti  di Rod Dudley  da sfottere con costumi ridicoli ed esibizioni scandalose, manichini vestiti con costumi che portavano la firma di stilisti della moda noti per la loro proposta trasgressiva e impiegati per dare forza a un urlo divertente, all’esasperazione truccata da versioni pop, o obnubilata da presenze eclatanti e incantatrici per il mondo che seguiva immagato  i passaggi di divi di prima fila internazionali. Potevano essere Elton John, con una mise ideata da Fiorella che componeva così un suo personalissimo quadro al quale -  inconsapevole - la star prestava solo  la presenza  e il nome. Sting,   Damien Hilton e la serie di teschi che Fiorella Mancini applicò senza ritegno  ma con rara genialità su abiti da giorno  o   da sera   (che poi metteva in vendita con successo anche economico). E Bigas  Luna, Maurizio Cattelan, e il lettone di G.K. Bodanza che restò in vetrina per tutta la durata della Biennale come opera realizzata per denunciare la caduta di Venezia a bed & breakfast spudorato. Per renderlo credibile la regista della  provocazione - perchè questo fu Fiorella Mancini soprattutto - ospitava ogni notte qualche viandante disponibile, qualche barbone, qualche amico in cerca di emozione,  facendoli svegliare al mattino con la luce del sole che li illuminava  violenta dalla grande vetrina  della Fiorella Gallery, in campo Santo Stefano.   Di tutte queste cose parlavamo in tempi lontani  con Fiorella -   con curiosità e spesso non senza dissenso -  nella sua casa veneziana ricavata da una fetta della chiesa  di San Vidal.                         ,

Regista della guerra  truccata da una risata amara ma sonora, che si facesse sentire appunto come un grido:  questo fu l’artista Fiorella Mancini le cui opere, persino la famosa “pantegana”  montata in barca,  con la quale percorse i canali di Venezia per denunciare l’abbandono della città al degrado, nonché i Dogi villosi e spudorati che dovevano mettere in predicato la grandeur data dalla storia al passato della Serenissima , vantata da tutti i Veneziani, ironizzando persino sulle qualità   più o meno  virili  dei medesimi.

La guerra si fa con tante armi e Fiorella fu una guerriera  a tutto tondo, senza risparmio di colpi. Se davvero la sua forza dileggiante sia stata la molla che ha cambiato  la personalità di Gianni De Michelis, non è facile stabilirlo.  Certamente indovinò il  modo di catturare una parte segreta e mai espressa prima del giovane veneziano rigoroso e composto trasformandolo nell’uomo delle discoteche, dei capelli unti e scomposti, delle scelte  seduttive osèes e dell’esaltazione di esternazioni  prima  tenute severamente sotto controllo. Questa è stata l’opera forse più sottile e vincente di un’artista che lascia il segno, oggi forse più di prima, anche se negli ultimi tempi sembrava aver rinunciato al combattimento che doveva forse riservare  alla sua personalissima lotta contro la malattia . Restano sua figlia Benedetta e il marito -compagno-amante- socio in arte e in affari,   architetto Plinio Danieli che forse saprà portare avanti l’opera di Fiorella Mancini  magari con modi diversi e altrettanto inusuali. Si erano conosciuti nel mestrino,  la terraferma veneziana  dove Fiorella era nata e cresciuta, e si erano sposati molti anni dopo con  una cerimonia annunciata a livello internazionale , nell’isola di San Servolo (che,  per chi non lo sapesse,  fu  per secoli  l’isola che ospitava a Venezia il manicomio). E  la  scelta racconta da sola tutta la storia di un sodalizio  umano e coniugale che ha superato  vincente  il confine del possibile. Perché  Plinio e Fiorella , legati  da un  quid inspiegabile e unico nel suo genere , sono stati e resteranno insieme, per sempre.

Ultimo aggiornamento: 18:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA