Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Venezia 77, giorno 10
Zhao e Baydarov colpi di coda finali

Sabato 12 Settembre 2020

E allora valeva almeno la pena di aspettare l’ultimo giorno della Mostra, per avere un’accoppiata di film in Concorso che riscaldano l’occhio, la mente e il cuore del cinefilo. Certo non sospettavamo di soffrire cinematograficamente così a lungo.
“Nomadland” di Chloé Zhao è un viaggio solitario di una donna, che dopo il crollo delle attività economiche nel Nevada e rimasta da tempo senza marito, decide di partire col suo furgone, in cerca di un motivo, non solo esistenziale (il lavoro è necessario sempre), per le strade d’America. Zhao, nata cinese e arrivata negli Usa via Inghilterra, ritrova le sue atmosfere preferite, dopo il precedente e affascinante “The rider”, portando Frances McDormand, alla consueta interpretazione lodevole, a contatto con la vita nomade reale negli incontri che si susseguono nel film dalla sintassi ellittica, dove appare anche David Strathairn, riflettendo sulle priorità della vita, sul desiderio di sconfinare dai bisogni quotidiani, di affrontare le difficoltà senza troppi aiuti, rinunciando a tutti quegli aspetti protettivi, consolatori, anche all’interno della propria famiglia. Certo il paesaggio aiuta a trovare quel mood struggente, anche se non si può dire altrettanto delle prevedibili note malinconiche di Ludovico Einaudi, ma il film lascia una sensazione di essere soltanto normalmente bello, il che comunque di questi tempi in Concorso al Lido certamente non guasta, tra il pauperismo meticoloso come scelta di vita “into the wild”, la citazione del più bello forse dei sonetti di Shakespeare, e l’esplorazione dello spazio come entità straziante. La Zhao si conferma regista sensibile, speriamo solo che adesso non si accasi troppo velocemente in quelle atmosfere che l’America sa offrire con generosità, ma che al tempo stesso si rivelano cliché facilmente consumabili, dove rivelarsi continuamente originali non è semplice. Voto: 7.

Fa il botto invece Hilal Baydarov, regista azero totalmente incontrollabile dentro e fuori lo schermo, con il suo “In between dying” (Tra una morte e l’altra), stupefacente e inafferrabile racconto di Davud, che uscito di casa in malo modo per andare a prendere le medicine per la mamma ammalata, si perde a bordo del suo scooter sulle strade accidentate del Paese, incontrando donne sottomesse, commettendo e assistendo a omicidi, sempre rincorso da tre uomini che lo vogliono consegnare al loro padrino. Sospeso in lunghi piani-sequenza, ricorda il cinema contemplativo di qualche decennio fa, con quei paesaggi nella nebbia, quell’orizzonte spalancato nel nulla, che può rimandare ad Angelopoulos e ai racconti sognanti mediorientali, qui innervato da scelte musicali ossessive, dialoghi e pensieri che (non) chiariscono la trama ma insinuano altri paesaggi, altre storie, altri corpi, altri fantasmi. Un film si direbbe ipnotico, dove cercando l’amore si trova più facilmente la morte. Bellissimo. Voto: 8.
Chiude la giornata, in Orizzonti, il film di Uberto Pasolini “Nowhere Special”, dove James Norton è il padre del piccolo Michael, entrambi abbandonati da tempo dalla madre. Il giovane genitore, di professione lavavetri, sa che ha il tempo contato per via di una malattia incurabile. Cerca quindi, con l’aiuto dei servizi sociali, una nuova famiglia per suo figlio. Il film per gran parte della durata è uno scandaglio sociale interessante di famiglie improbabili, mentre il rapporto padre-figlio è spesso toccante. Peccato che il finale precipiti in una dimensione patetica e fin troppo lacrimevole, con i preparativi di scatole-ricordo e soprattutto un fermo-immagine mano nella mano sul quale si conclude il film. Voto: 6.

 
 
  Ultimo aggiornamento: 09:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA