Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Venezia 77, giorno 9
Massacri senza fine, il cinema vive poco

Venerdì 11 Settembre 2020


A pochi film dal traguardo, una giornata vissuta all’insegna della violenza più truce e più spettacolare: due film iniziano con una ragazza che imbraccia un fucile, il terzo si apre con una mattanza a un matrimonio. E purtroppo nessuno dei tre riesce a trovare apprezzamento.
Iniziamo da Michel Franco, regista messicano che solitamente si accasa a Cannes, con il suo cinema greve e spesso di puro accanimento. Stavolta il suo “Nuevo orden” si scatena in una interminabile sequenza di esecuzioni, iniziando da un massacro perpetrato da un commando di indios in una villa dell’alta borghesia dove si sta festeggiando un matrimonio, per finire alla presa di potere dei militari, che stabiliscono il coprifuoco e cominciano a rapire e ammazzare chiunque, ricchi e poveri, con tanto di impiccagioni in piazza. Franco aspira a un trattato distopico, inscenando una teatralità violenta che rispecchi la presa di potere in diversi Stati centro-sudamericani, ma il suo film più che politico è brutalmente nichilista, dove tutti sono cattivissimi e il denaro è l’oggetto del contendere, anche per cause nobili come far ricoverare la propria moglie per un’operazione al cuore. Ma il vero problema è la messa in scena, è il costante e calcolato esibizionismo dell’orrore, con persone crivellate continuamente nell’audacia perenne della visibilità e corpi ammassati ovunque, dove la pietà è totalmente assente, sia nella ferocia dei protagonisti, sia nello sguardo del regista, privo di qualsiasi sfumatura, al quale non interessa minimamente affrontare una benché minima lettura complessa degli avvenimenti, ma solo scioccare, lontano dalle rappresentazioni lucide e profondamente disturbanti e politicamente implacabili del Male di un Larraín o di un Bechis. Franco si accontenta del sangue e del fracasso dei mitra: così alla fine non si salva nessuno. Nemmeno il film. Voto: 5.
Finisce in un massacro anche l’assalto di quattro studenti alla propria scuola, quando un’irruzione con un furgoncino sventra la mensa dove molti studenti stanno mangiando. Zoe, una ragazza che va a caccia col papà, riesce a evitare la prima sparatoria e restando dentro l’edificio inizia la sua personale controffensiva. «Run Hide Fight» (Fuggi, nasconditi, combatti) dello statunitense Kyle Rankin s’impossessa del filone, che esaltò le geometrie esistenziali ed estetiche di Gus Van Sant e l’occhio investigativo di Michael Moore, per farne invece un action adrenalinico e schizzato, soprattutto ideologico, dove giocano un ruolo fondamentale i dispositivi elettronici, che permettono una spettacolarizzazione sui sociale che rende i quattro assalitori dei divi. Purtroppo, denunciando la consueta stupidità della polizia e degli amministratori della scuola (si veda l’aderenza pedissequa al lockdown), il film prende una deriva fortemente reazionaria, dove non solo la ragazza diviene ben presto l’eroina di turno, ma la sua vendetta, visto che la società non è in grado di proteggere nessuno, avviene nel modo più disumano, crudeltà risparmiata all’inizio invece agli animali. Perfettamente trumpiano e oltre. Voto: 4.
Sembra quasi una faccenda da mammole “Und morgen die ganze Welt” (E domani un altro mondo), dove attivisti dei centri sociali della sinistra nella Germania di oggi pensano di opporsi ai neonazi dapprima con le torte in faccia, poi distruggendo le loro auto e infine con qualche scazzottata. Julia von Heinz dirige un film che vorrebbe essere sul terrorismo, ma non riesce nemmeno a parlare di disagio giovanile, compreso gli aspetti sentimentali, risultando per altro politicamente ambiguo. Incomprensibile la sua presenza in Concorso, data la sua sconcertante inconsistenza. Voto: 3.
 

Ultimo aggiornamento: 28-05-2021 10:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA