Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Venezia 77, giorno 6
Corpi e fantasmi, ma Regina è la regina

Martedì 8 Settembre 2020
Sono giorni difficili i nostri, ma anche un tempo non si scherzava. Da Chernobyl a un tragico episodio del 1962 nell’allora Unione Sovietica, ieri la giornata è stata movimentata da corpi e fantasmi, che devono fare i conti con il passato.
Andrei Konchalovsky ha 83 anni: difficile non aspettarsi un cinema classico, narrativamente ed esteticamente. Ma con “Dear Comrades!” (Cari compagni) il vecchio cinema fa ancora buon brodo. Si ricorda un episodio drammatico accaduto a Novocherkassk, vicino a Rostov, nel 1962, quando gli operai di una fabbrica di locomotive si ribellarono all’aumento dei prezzi e scioperarono scendendo in piazza, ricevendo una brutale risposta dal Kgb che ordinò all’esercito di sparare sui manifestanti, causando diversi morti, prontamente “oscurati” dalle autorità. Lyudmilla (ancora una donna grande protagonista) è un membro del partito locale che si dimostra feroce contro gli scioperanti, ma quando scopre che la giovane figlia potrebbe essere stata in piazza e peggio ancora assassinata, si mette disperatamente alla ricerca del corpo, vedendo traballare la sua certezza verso il Partito e lo Stato. Girato in bianco e nero, in formato 4:3, il film sembra il controcanto (assai più riuscito) del precedente metaforico “Paradise”, lasciando spazio all’azione e alla cronaca, dai lunghi dibattiti tra i capi del Partito alla ricerca affannosa del corpo. Konchalosky affronta il tema ideologico, mettendone in risalto le contraddizioni e gli elementi turbativi tra il privato e il politico (Lyudmilla, una vibrante Julia Vysotskaya, cambia la propria prospettiva delle cose, ricorrendo anche alla mancanza di un padre come Stalin) e firma un’opera secca, coinvolgente e tesa. Voto: 7.
Non altrettanto si può dire dell’ultimo lavoro della polacca Małgorzata Szumowska. Qui raggiunge forse la sua opera più radicale, con una narrazione quasi astratta, nonostante la potente presenza dei corpi. Siamo in una specie di periferica enclave residenziale borghese, fatta di villette tutte uguali, abitata da persone che vivono un’esistenza in catalessi, attendendo l’arrivo di un massaggiatore ucraino che parla russo. La neve del titolo “Never gonna snow again” (Non ci sarà mai più la neve) è non solo quella atmosferica, ma anche la cenere di Chernobyl e il tentativo è quello di rappresentare metaforicamente la rimozione totale del passato, dove il massaggiatore è l’intruso probabilmente fantasmatico (e infatti alla fine sparisce come in un gioco di prestigio), che dà sollievo ai corpi e alle anime. Ma per far questo, la Szumowska affonda il film in un clima cimiteriale, lo carica di riferimenti sviluppati in modo grezzo, non solo quelli dedicati a Tarkovskij, e pone lo spettatore tra la noia e la catarsi. Voto: 5.

Fuori Concorso arriva per ora il miglior film alla Mostra. “One night in Miami” di Regina King, Oscar come attrice in “Se la strada potesse parlare”, ora all’esordio come regista, ci porta nel 1964, in una stanza d’albergo in Florida, all’indomani della vittoria di Cassius Clay contro Sonny Liston, che lo consacrerà campione del mondo. Qui il pugile è in compagnia di Malcom X, Sam Cooke e Jim Brown. Tratto dalla pièce di Kemp Powers, è una specie di buddy-movie da camera, dove i celebri personaggi discutono sulla vita e sulla rivendicazione dei diritti civili dei neri, confrontandosi anche aspramente fino alla lite, ma capendo il momento cruciale per ottenere soddisfazione dalle rivendicazioni sociali, politiche ed economiche. Un ritratto profondo, tra dialoghi incalzanti e commozione, come la canzone a cappella eseguita con il battito delle scarpe a mo’ di percussioni. Voto: 7,5. Ultimo aggiornamento: 07:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA