Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Venezia 77: proviamo a scoprire quali film
vedremo alla Mostra dell'era Covid

Domenica 19 Luglio 2020

Ci sono ancora tanti punti interrogativi sulla prossima Mostra di Venezia, che inizierà ormai tra non più di un mese e mezzo: sono stati mesi complicati, apprensivi, tragici, eppure mentre Cannes faticava ad accettare che il festival sulla Croisette non si sarebbe potuto mai svolgere (visti i tempi ristretti in piena pandemia), Venezia ha sempre, grazie ai mesi che la separavano dal via, ostentato grande sicurezza, tra il coraggio e l’imprudenza. Nell’anno uno della Biennale retta dal neo presidente Roberto Cicutto e con il direttore Alberto Barbera, chiamato all’ultimo anno del suo mandato, che probabilmente rinnoverà (e sarebbe la mossa migliore, se non l’unica, visti gli spifferi sugli eventuali sostituti), per ora la caccia spasmodica ai film che vedremo si è decisamente alleggerita, forte anche del fatto che grandi film americani con i divi più acclamati mancheranno e quindi diciamo che l’interesse comincia già a sgonfiarsi. Tuttavia il 2 settembre inizierà la Mostra più imprevedibile dal ’68 a oggi, la prima fortemente condizionata da una pandemia mondiale e programma nella speranza che tutto fili liscio, che non è poi così automatico. Si pensi alla cancellazione all’ultimo momento della festa pirotecnica del Redentore, che un po’ di panico in Biennale lo ha senz’altro gettato.
Dall’America qualcosa arriverà sicuramente: tra i possibili c’è l’ultimo lavoro di una delle firme del documentario “moderno”, il 90enne Frederick Wiseman, frequentatore anche in passato del Lido (Leone d’oro alla carriera 2014), che stavolta porterà “City hall”, girato nella sua città natale, Boston. Con un problema: il film dura circa 4 ore e mezza e non sarà facile programmarlo, in giornate dove tutto diventa più lento, per assicurare la maggior sicurezza possibile. Dall’America potrebbe arrivare anche “The world to come” di Mona Fastvold, con Casey Affleck e Katherine Waterston, dalla Francia l’ultimo lavoro di Nicole Garcia (e non molto altro, visto tutto il discorso che ruota attorno al “salto” di Cannes), e poi ancora l’israeliano Amos Gitai, la polacca Małgorzata Szumowska, il messicano Michel Franco e il giapponese Kurosawa Kiyoshi. Sono nomi più appetibili per i cinefili.
E veniamo all’Italia, che quest’anno giocherà un ruolo più decisivo ancora, vista la situazione mondiale. Non ci sarà, com’è noto, “Tre piani” di Nanni Moretti, già atteso a Cannes lo scorso maggio e che probabilmente rivedremo proprio là il prossimo anno, dopo il passaggio nelle sale italiane ad aprile. Al momento sono due i film sicuri in Concorso: “Notturno” di Gianfranco Rosi e “Miss Marx” di Susanna Nicchiarelli. Il primo del già pluripremiato regista sulla sponda del documentarismo ibrido (Leone d’oro a Venezia 2013 con “Sacro GRA” E Orso d’oro 2016 con “Fuocoammare”), racconta storie di tormentate vite mediorientali; il secondo si concentra sulla figura della figlia più piccola di di Karl Mark, travolta da un destino tragico, girato dalla regista che ha vinto Orizzonti due anni fa con “Nico, 1988”. Probabile terzo, il lavoro di Emma Dante, affermata regista teatrale e proprio esordiente al cinema qui al Lido, nel 2013 con “Via Castellana Bandiera”: stavolta il film si intitola “Le sorelle Macaluso”, storia di cinque donne della stessa famiglia, tratto da un suo lavoro teatrale.
Bisognerà poi vedere se i film in Concorso saranno tre o quattro, più probabile la seconda ipotesi. In corsa ci sono diversi lavori: l’ultimo film di Daniele Lucchetti (“Lacci”), dall’omonimo romanzo di Domenico Starnone con Alba Rohrwacher e Luigi Lo Cascio; l’opera prima di Gianluca Jodice (“Il cattivo poeta”), dove Sergio Castellitto interpreta D’Annunzio; “La terra dei figli” del padovano Claudio Cupellini, regista di punta della serie tv “Gomorra”, tratto da un graphic novel di Gipi su una nuova “fine” del mondo, con Valerio Mastandrea e Valeria Golino; “Padre nostro” di Claudio Noce, con Pierfrancesco Favino, storia di due ragazzini e un mondo adulto ostile; “Assandira” di Salvatore Mereu, che ci parla della trasformazione della Sardegna, dagli ovili ai giorni nostri. “Non odiare” di Mauro Mancini, con Alessandro Gassmann, girato a Trieste sul razzismo verso gli ebrei, che dovrebbe finire alla Settimana della Critica, “I predatori” di Pietro Castellitto (figlio d’arte), probabilmente in Orizzonti,  come l'ultimo documentario della coppia D'Anolfi-Parenti, e un nuovo lavoro-collage (“Viaggio in Italia”) di Gabriele Salvatores, un istant-movie sul covid-19 in Italia, destinazione fuori Concorso.
  Ultimo aggiornamento: 11:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA