Sesso con un minorenne adescato in chat: imprenditore patteggia 8 mesi. La famiglia: «Una vergogna: faremo ricorso»

Mercoledì 1 Luglio 2020 di Denis Barea
Due imprenditori incastrati dalle indagini: adescavano minorenni in chat
PEDEROBBA - Otto mesi per quell'incontro indecente avvenuto nel suo capannone e propiziato dalla conoscenza fatta in un sito internet. È la condanna inflitta a un imprenditore 48enne di Pederobba, accusato di aver conosciuto un minorenne in una chat per gay e di averlo portato, un giorno dell'estate del 2015, in un ufficio della sua azienda per compiere con lui atti sessuale. La vicenda risale a sei anni fa quando il giovane, di origine marocchina, era ancora minorenne. A scoprire i fatti le sorelle del 15enne, che avevano notato atteggiamenti strani del ragazzo. Una mattina una delle due decide di metterlo alle strette e si fa raccontare dove andasse fino a sera tardi. La risposta è sconvolgente: il ragazzo si prostituiva attraverso un sito internet per incontri tra omosessuali. Era lui ad aver messo l'annuncio a cui avevano risposto in due, l'imprenditore di Pederobba e un pordenonese di 52 anni

LE INDAGINI
La vicenda a questo punto procede con la denuncia e l'individuazione degli uomini, fatta attraverso le tracce lasciate sul sito per incontri e soprattutto grazie all'analisi delle chiamate e dei messaggi nel telefonino del ragazzo. Nel frattempo il giovane non ha resistito alla vergogna e per ben due volte ha cercato, fortunatamente senza riuscirci, di togliersi la vita. Diversi i cammini giudiziari dei due che frequentavano il giovane. Il 52enne infatti ha chiesto il patteggiamento, accordatogli dal gup di Venezia, a una pena di otto mesi.
Il 48enne invece ha deciso per il rito collegiale davanti al Tribunale di Treviso. Dai 50 ai 100 euro a prestazione per sesso orale: questo è quanto il giovane marocchino aveva concordato con gli uomini che agganciava. 

GLI INCONTRI
E con l'imprenditore di Pederobba gli incontri sarebbero stati diversi. Poi i sospetti delle sorelle diventano certezze e il ragazzo, convinto dalla sua famiglia, inizia a parlare. Gli investigatori si mettono sulle tracce di coloro che avevano rapporti con lui e arrivano ai due uomini. I quali, per difendersi, sostengono di non sapere che il ragazzo fosse un minorenne e che in quel sito, per registrarsi, occorre dimostrare di avere la maggiore età.

IL RICORSO
Gli avvocati Capraro e Danieli, che assistevano il minore e la sua famiglia, hanno già preannunciato l'intenzione di ricorrere in appello. «Troppo mite - hanno detto - la condanna per uno che non ha mai chiesto scusa e non ha risarcito».
Ultimo aggiornamento: 14:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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