Le operano la gamba sbagliata, il Policlinico la risarcisce e agisce contro il medico

Domenica 28 Giugno 2020 di Camilla De Mori
La signora dopo l'intervento
UDINE Il ricovero, gli esami pre-operatori, il saluto alla figlia la mattina dell’intervento. E poi «l’incubo di svegliarsi “con un ginocchio che non funziona più mentre l’altro fa ancora male”». Così la signora Noemi Cecotti, oggi 86 anni, nata a Bagnaria Arsa ma residente a Torviscosa, raccontava allo psichiatra Roberto Paganelli, per la perizia di parte, nel giugno del 2019, la sua odissea, iniziata a fine ottobre 2018, quando, ricoverata al Policlinico Città di Udine per operarsi al ginocchio sinistro, per una grave gonartrosi che non le dava pace, era uscita dalla sala operatoria con la gamba destra fasciata dopo un intervento di artroprotesi.

Ma «le era stato operato il ginocchio sbagliato», come rileva la figlia Loredana Daltin, insegnante di merletto a tombolo, che si è rivolta all’Associazione di tutela diritti del malato di Udine per ottenere giustizia. Alla fine di un lungo percorso, a maggio scorso, dopo quasi un anno e sette mesi dall’intervento, Cecotti ha ottenuto il risarcimento per via stragiudiziale. Il Policlinico (vedi altro articolo) nel frattempo ha rescisso il contratto con il medico che aveva operato Noemi e ha «avviato un’azione di responsabilità» nei confronti del professionista.

ODISSEA
«Da tanti anni la mamma aveva questi dolori al ginocchio sinistro. Ad un certo punto non ce la faceva più - ricorda la figlia Loredana -. Ci siamo rivolte al Policlinico Città di Udine, dove è stata ricoverata dal 30 ottobre all’8 novembre 2018. Tutte le diagnosi riguardavano il ginocchio sinistro. Ma l’intervento è stato fatto sulla gamba destra. Mi sono sentita pugnalata. Il giorno dell’operazione, avevo salutato la mamma prima dell’intervento e ho aspettato che uscisse dalla sala. Il medico è arrivato dicendoci che non era stato possibile operare il ginocchio sinistro perché di notte si era fatta un’escoriazione che avrebbe aumentato il rischio infettivo e quindi era intervenuto sul destro, perché tanto prima o dopo andava fatto. Ma io ero lì al mattino e le sue ginocchia erano intatte - afferma la figlia -. Lì mi è venuto il presentimento che ci fosse stato un errore», sostiene Daltin. Che da allora ha cominciato la sua battaglia: «Non l’ho fatto per i soldi, ma per una questione di onestà e di rispetto. Mia madre non doveva vivere questa paura alla sua età: per lei è stato uno shock. Ci siamo rivolti a uno psichiatra e ad una psicologa: era molto provata. Ha perso la fiducia nei medici. Il risarcimento non ripagherà mai le ferite che abbiamo dentro. Oggi ho vinto la battaglia, ma in questa vicenda abbiamo perso tutti». Dal giorno dell’intervento, come racconta Loredana e come si legge nelle carte dei periti di parte, la vita di Noemi, a 84 anni, era cambiata: abituata a lavorare nell’orto, ad essere autonoma e non chiedere niente a nessuno, si era trovata a dover dipendere dalla figlia per qualsiasi cosa. L’associazione ha scelto di procedere per via stragiudiziale, come spiega la presidente Anna Agrizzi, «per evitare un prolungamento dei tempi. Con l’atto di quietanza ricevuto a maggio, almeno, c’è stato un riconoscimento per Noemi e sua figlia».
LA RICOSTRUZIONE
Loredana parla anche di «una mancanza di comunicazione». Fra le cose che non ha digerito, il fatto che il consenso informato per l’operazione alla gamba destra e la sospensione dell’intervento a sinistra, sia stato acquisito «in sala operatoria, quando la madre era «in una condizione psicofisica non ottimale» - come scrive il 23 luglio 2019 anche il medico legale Alessandro Peretti, dello studio Bonifacio, consultato dal sodalizio - con «una tempistica inadeguata per riflettere sull’informazione di grave gonartrosi al ginocchio destro appresa per la prima volta in quel momento». Secondo il medico legale mentre «l’intervento al ginocchio sinistro era indicato», «non vi è alcuna evidenza di gonalgia destra: la mancanza di qualsivoglia indagine mirata a tale ginocchio ne è una conferma». Anche l’ortopedico consultato dalla signora Cecotti a maggio 2019, su indicazione di Agrizzi, aveva concluso che la paziente sarebbe stata «sottoposta ad intervento di protesizzazione su un’articolazione che non necessitava di tale intervento», e che aveva causato «un peggioramento del quadro clinico al ginocchio sinistro», sovraccaricato per compensare la gamba destra operata. A marzo scorso, finalmente, in un’altra struttura, Noemi è stata operata al ginocchio sinistro, ma, dice la figlia, «con questa vicenda si è perso tempo prezioso: ci vorrà un altro anno perché recuperi».
IL POLICLINICO
Sulla vicenda, il Policlinico Città di Udine interviene con una nota: «La segnalazione formale di quanto avvenuto è pervenuta alla Direzione del Policlinico nel febbraio 2019. È stata subito avviata una indagine interna che ha confermato la violazione da parte del professionista delle procedure aziendali per la sicurezza e la qualità delle cure. L’operatore ha infatti agito in autonomia senza consultare o informare la direzione: per questo motivo è stata decisa la rescissione del contratto che legava il professionista al Policlinico con la motivazione di gravi violazioni delle procedure di sicurezza. Giudicando appropriata la richiesta dei legali, pur non essendo direttamente responsabile, il Policlinico Città di Udine si è fatto carico di risarcire la parte lesa e, allo stesso tempo, ha avviato un’azione di responsabilità nei confronti del medico in quanto unico responsabile di quanto avvenuto».
Ultimo aggiornamento: 18:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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