Incidente Msc Opera. «Errori e ritardi, così si schiantò la nave»

Domenica 28 Giugno 2020 di Nicola Munaro
Incidente Msc Opera. «Errori e ritardi, così si schiantò la nave»
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VENEZIA - La concatenazione senza soluzione di continuità di errori e mancanze. Un cocktail letale, quello che la mattina del 2 giugno 2019 ha fatto diventare reale il peggiore degli incubi, materializzato nella Msc Opera che va in avaria, perde la rotta, si schianta contro un battello fluviale e abbatte parte della banchina di San Basilio, alla fine del canale della Giudecca, mentre i residenti della zona vengono svegliati dal sibilo sordo del grattacielo galleggiante. A inanellare la sequela di errori ci ha pensato la consulenza disposta dai sostituti procuratori di Venezia, Andrea Petroni e Giorgio Gava. Una consulenza per cui un guasto tecnico di produzione non ha influito nello schianto. Perché rimediabile.

GLI ERRORI
La miccia che accende la catena degli eventi è un'avaria all'impianto di automazione segnalata dal computer della nave alle 7.26, quando l'Opera era ancora a 2 miglia dalla bocca di porto del Lido. Da lì, è stata una cascata di negligenze partendo dalla sottovalutazione dell'allarme a cui aggiungere la violazione da parte del colosso del mare dei limiti di velocità imposti a chi attraversa la laguna. Poi via con la tardiva esecuzione della procedura di emergenza; l'assenza di un consiglio da parte degli altri ufficiali; la «mancata attuazione» dell'arresto in caso di emergenza della propulsione. Fino a ravvisare la «mancanza di esercitazioni periodiche» da parte di Msc per la gestione dell'emergenza e del pericolo di collisione. Sei gli indagati. Posizioni diverse quelle evidenziate dalla consulenza della procura, che da una parte tratteggia responsabilità di altri membri dell'equipaggio finora non indagati e dall'altra di fatto assolve i comandanti dei rimorchiatori e i piloti del Porto, riconoscendo il merito di aver evitato un epilogo più fosco rispetto ai feriti. 

Perché la nave fluviale River Countess è stata a rischio naufragio come i tanti natanti che quella mattina affollavano il canale della Giudecca. Ad evitare il peggio, proprio «l'intervento dei rimorchiatori Angelina C e Ivonne C», la presenza della banchina di San Basilio, l'«azionamento» del fischio e la prontezza dell'equipaggio del battello fluviale. 
 



LA DINAMICA
Sono le 7.26 del 2 giugno 2019. A Venezia si celebra la festa della Sensa (l'Ascensione) ed è il giorno anche in cui la Serenissima rinnova il proprio sposalizio con il mare. Nel piano parallelo disegnato dal destino per quella giornata, fuori dalla bocca di porto del Lido, sui monitor della plancia dell'Msc Opera, di ritorno in laguna dopo una crociera nel Mediterraneo, compare un allarme a causa di un'avaria ad un modulo elettrico del quadro elettrico che alimenta, tra le altre, la timoneria dalla plancia, il controllo dei giri dell'elica. 
Allarme completamente non considerato dal capo elettricista dal I ufficiale di macchina e dal direttore di macchina. E sì che per ripristinare il quadro tecnico «sarebbe stato sufficiente (...) riarmare due interruttori». In definitiva l'incidente con la River Countess - che sarebbe anche affondata se l'angolo d'impatto fosse stato diverso - è stata la conseguenza di «una sottovalutazione dell'allarme» delle 7.26. Per un'ora infatti l'alimentazione della timoneria dalla plancia, del controllo dei giri dell'elica e, quindi, della velocità della nave, non veniva più assicurata dalla rete principale ma da un gruppo di continuità che funzionava regolarmente per circa un'ora, a fronte dei 30 minuti previsti. 

Come se non bastasse, alle sottovalutazioni si univa anche la velocità tenuta dal grattacielo galleggiante che tra il Lido fino al forte Sant'Andrea superava, in alcuni tratti, il limite di 8 nodi; e quello di 6 nodi tra il forte Sant'Andrea e San Basilio anche se «il comandante avrebbe dovuto transitare nel canale portuale di Venezia ad una velocità sempre inferiore a 5.8 nodi». Un'«imprudenza da parte del comandante Siviero» che si lega ad altre manovre sbagliate e all'aver attivato in ritardo e non correttamente le varie procedure d'emergenza.Esaurita la carica delle batterie che aveva tenuti accesi i comandi della Msc Opera per un'ora, di colpo la nave diventava ingovernabile con timone inutilizzabile e sistemi di propulsione ordinari fuori uso. Sono però i sopralluoghi a bordo della nave da crociera effettuati nei giorni successivi a far dire ai tecnici che «nonostante l'avaria e le difficoltà di cablaggio, la nave poteva essere governata dalla plancia di comando» come da procedura d'emergenza. Mentre il controllo della propulsione «avrebbe consentito di fermare immediatamente le eliche». Di quanto stava succedendo da oltre un'ora, l'equipaggio della Msc Opera se ne accorge solo alle 8.27.16. Alle 8.27.34 il comandante dà il via alle manovre «nel tentativo di correggere la rotta della nave» che continuava ad accostare a dritta «e indirizzare la prua verso il centro del canale».

E mentre nessuno degli altri ufficiali in plancia consigliava la manovra corretta, «i timonieri non erano addestrati all'impiego del governo d'emergenza». Alle 8.28.21, il comandante si accorgeva anche della mancanza della propulsione. «Una pronta esecuzione avrebbe certamente consentito di rallentare o fermare del tutto il moto della Msc Opera ed evitare la collisione, anche con l'assistenza dei rimorchiatori». Inutile l'ancora: la nave procedeva a 6.8 nodi, troppo tanti per usarla. Così alle 8.31.16, lo schianto a San Basilio. Lì dove l'Opera si ferma alle 8.33.11 del 2 giugno. La collisione, data anche la perfezione dell'azione dei rimorchiatori, si sarebbe potuta evitare se la Msc Opera avesse spento le eliche «come previsto dalle procedure di emergenza in caso di pericolo di collisione» e se non avesse «erroneamente» azionato il Pod di sinistra. 

LA DIFESA
«Msc - si legge in una nota - ha preso atto delle conclusioni della relazione tecnica definitiva che riconosce come l'avaria sia stata generata da un guasto tecnico risalente alla costruzione di cui Msc è del tutto incolpevole e che non poteva essere identificato dalle regolari verifiche a cui la nave è sempre stata sottoposta.
Tale guasto tecnico ha determinato un'emergenza senza che sui monitor di bordo comparisse alcun allarme critico, creando così una situazione del tutto imprevedibile. Il personale di bordo ha avuto un tempo limitatissimo per reagire e proprio tale reazione, pur tra tutte le difficoltà della situazione, ha permesso di limitare i danni al minimo».

Ultimo aggiornamento: 15:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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