Coronavirus. Vaccino di Pomezia, 10 giorni per le prime risposte ai test. In campo anche Usa e Cina

Lunedì 15 Giugno 2020 di Lucilla Vazza
LA RICERCA

Che il traguardo per il vaccino sia ogni giorno più vicino iniziano a crederlo in molti e l’alleanza per il vaccino di cui è capofila l’Italia con Germania, Francia e Olanda, ha rimesso prepotentemente in gioco l’Europa, che rischiava di guardare la partita fra Usa e Cina dagli spalti, senza avere possibilità di entrare in campo. L’Italia rischiava di rimanere ai margini con pochissime possibilità di partecipare da sola alle trattative per la produzione e la distribuzione del farmaco. E invece il governo italiano, con la firma del patto con AstraZeneca per l’approvvigionamento fino a 400 milioni di dosi di vaccino «da destinare a tutta la popolazione europea» si è a buon diritto aggiudicato la maglia del capitano della squadra che ha scelto come suo candidato vaccino quello nato dagli studi dell’Università di Oxford a cui partecipa anche l’italiana Irbm, che ha sede nel distretto di Pomezia, tramite la sua divisione Advent per i vaccini innovativi.

Vaccino, 400 milioni di dosi entro l’anno. L’Europa sigla l’accordo con Astrazeneca
Vaccino anti coronavirus, Ricciardi: «Prima i medici e gli anziani»

Parallelamente, AstraZeneca è chiamata a costruire diverse catene di approvvigionamento a livello globale, inclusa l’Europa: la promessa è produrre una prima tranche di 100 milioni di dosi entro la fine dell’anno per arrivare ad almeno 400 milioni entro giugno, a fronte di un esborso di 750 milioni di euro complessivi da parte dei 4 Stati (l’Italia ne metterà 185). Come detto le dosi andranno però a beneficio di tutti gli oltre 350 milioni di cittadini europei.
Entro una decina di giorni saranno resi noti i risultati della sperimentazione di Fase 1 del farmaco italo-inglese, che nel frattempo è giunto alla Fase 3 su 10mila volontari, reclutati in Gran Bretagna e in Brasile, dove i picchi dell’epidemia sono ancora elevati e assicurano di poter portare a termine il trial.
 


Che si spera possano confermare l’obiettivo del vaccino entro fine settembre. Un risultato che «non è solo piantare la bandierina sulla luna» come spiega «con prudente ottimismo», Piero Di Lorenzo, presidente della Irbm, la società biotech di Pomezia, che partecipa alla realizzazione del candidato sui cui punta l’Italia, perché «nella sperimentazione l’inciampo è sempre dietro l’angolo e nella corsa al vaccino la tempistica per centrare l’obiettivo farà la differenza dal punto di vista della salute di milioni di persone, ma anche della salute dell’economia e dunque in termini di Pil dei singoli Paesi: il vaccino permetterà al mondo di ripartire». 

Il candidato della Oxford ha bruciato le tappe ed è nella fase più avanzata di sperimentazione perché già 18 anni fa, studiando i vaccini per altri coronavirus, aveva sintetizzato la proteina, che genera la risposta immunitaria in grado di respingere gli attacchi del virus. «Paradossalmente - chiarisce Di Lorenzo - nella tragedia della pandemia è stata una fortuna che Sars-Cov2 fosse un coronavirus su cui da anni ci sono molti studi. Oxford ha sintetizzato la proteina spike in due settimane. Se fosse stato un virus dalle caratteristiche sconosciute per il vaccino ci sarebbero voluti molti anni e non un anno come sta accadendo».

I BREVETTI
I diversi vaccini avranno caratteristiche proprie e dunque probabilmente saranno adatti a vari target di persone anche sulla base delle potenziali controindicazioni. Il punto è che bisognerà capire come funzioneranno i brevetti e dunque come sarà concretizzato l’accesso ai farmaci in tutto il mondo. Per questo Oms ed Europa hanno fatto bandiera del diritto al vaccino come bene pubblico e non di mercato. La Oxford University e poi Astrazeneca hanno chiarito al mercato di voler rientrare solo del costo industriale. Una via sostenibile che si spera possa essere seguito dagli altri. La pandemia impone anche la scelta politica di una condivisione di risorse contro il virus. 

LA PRIORITÀ
Chi arriverà al vaccino potrà decidere a chi dare priorità. A quel punto le strategie vaccinali lasceranno il campo dei laboratori e degli istituti di ricerca per passare alle cancellerie. Per ora la strada è quella dell’alleanza, se arriveranno più vaccini al traguardo, si implementeranno strade parallele per salvare il pianeta.
 

Ultimo aggiornamento: 30 Dicembre, 16:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci