Nel greto del Piave i pezzi del castello che non c'è più. Li ha dissepolti Vaia

Sabato 6 Giugno 2020 di Giovanni Santin
Le grandi pietre che facevano parte del maniero medioevale, trascinate a valle dalla piena del fiume
BELLUNO - Nuovo ritrovamento dei resti del Castello di Belluno nel Piave. Questa volta però le pietre storiche non sono state rinvenute sulla spiaggia di Lambioi, sulla destra orografica, ma nel greto dalla parte opposta. Sono tre grandi lastroni che sono già stati presi sotto l'ala protettiva dal Comune. «Ci siamo già mossi dice Marco Perale, assessore alla Cultura del Comune capoluogo ma finché non saranno terminate le opere di sistemazione, del dopo-Vaia che lì sta portando avanti il Genio Civile, noi non possiamo intervenire». I resti sono quelli riportati alla luce e riemersi dall'acqua del Piave proprio nell'immediato post Vaia, cioè alla fine del 2018.
ABBATTUTO DA NAPOLEONE
«Il castello fu distrutto in età napoleonica e i pezzi furono utilizzati nel 1911 come arginatura» spiega l'assessore. All'inizio del secolo diciannovesimo, dopo la sua distruzione, invece, i resti del castello ritenuti scarti da buttare, sembra siano stati fatti cadere buttati verso Lambioi, senza alcuna cura o consapevolezza del loro valore. Ma ci ha pensato il Piave, alla fine di ottobre del 2018, a far riemergere il prezioso tesoro storico che poi è stato trovato casualmente nei primi giorni di novembre da un cittadino in passeggiata. Un tesoro che, appunto, appartiene al castello di epoca medievale i cui lacerti sono tuttora visibili di fianco al palazzo delle Poste. E nelle settimane immediatamente successive al reperimento della antiche pietre, il Comune le ha musealizzate: «Non sono più di cinque o sei» dice Perale. Si tratta di quelli che riportavano dei fregi, o erano frammenti di capitelli e colonne o ancora, avevano delle lettere scolpite, lo stemma di un rettore veneziano e uno scudo in pietra, lo stesso materiale di tutti gli altri reperti. Tutti oggetti asportabili, comunque. Ma per i tre resti che ora sono stesi sulla riva sinistra del Piave, che guardano l'abside del duomo da sotto in su, non è previsto alcun recupero e trasporto in museo.
«Li lasceremo lì dove sono spiega l'assessore Perale - potremo porre vicino una tabella che li contestualizzi e ne spieghi l'origine. Ma in museo no. Accade così in ogni scavo archeologico: i pezzi non interessanti vengono fotografati, perché è importante sapere che esistono, e poi magari di nuovo interrati». I resti del castello erano dunque affiorati insieme ai sassi. Era stata la furia del Piave in piena a rivoltare il letto del fiume; la potenza dell'acqua aveva non solo trascinato materiali pesanti come i resti del castello o sassi molto grandi, ma aveva anche cambiato la geografia ed il profilo del sito. 
Il castello che dà il nome al toponimo Piazza Castello, era il più grande e munito della città. Si legge nel volumetto Belluno storia architettura rate di De Bortoli, Moro Vizzuti, stampato nel 1984: Comunicava con l'attuale via Cipro tramite un'unica stretta porta detta Pusterla. Aveva all'interno una chiesetta ed una fontana. Il maniero medioevale, fatto erigere da Giovanni, vescovo-conte di Belluno nel X secolo, venne distrutto all'inizio del XIX secolo, fra il 1803 ed il 1806; l'ultimo utilizzo è stato quello di carcere.
 
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