«I bambini non sono untori e le scuole chiuse salvano poche vite umane»

Venerdì 29 Maggio 2020
Scuole al tempo del coronavirus
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PADOVA - «I bambini rappresentano una percentuale molto bassa dei casi documentati di Covid-19» e «questa è una certezza». Ma qual è il loro ruolo nella trasmissione di Sars-CoV-2? Scarso. Non solo secondo i dati raccolti finora «raramente il contagio parte dai bambini», sia nei confronti dei coetanei che degli adulti. Ma quel che è più importante, per i possibili effetti sulle decisioni politiche future, è che «sembra improbabile che l'apertura delle scuole e degli asili possa portare a un incremento significativo della mortalità». Di più: «La chiusura delle scuole da sola» sarebbe «in grado di impedire al massimo il 2-4% dei decessi, molto meno di altri interventi di distanziamento sociale». Sono alcune conclusioni degli studi scientifici sul tema passati in rassegna da Sara Gandini, direttore di ricerca presso Semm (School of Molecular Medicine) e Ieo (Istituto europeo di oncologia) di Milano, «esperta di epidemiologia e statistica di valore mondiale (H-index 62)» secondo il virologo della Emory University di Atlanta Guido Silvestri, che nella nuova edizione delle delle sue 'Pillole di ottimismò su Facebook - 'Pillole di ottimismo 2.0' - ne ospita un lungo intervento che sostanzialmente assolve i bambini sospettati di essere 'untorì di Covid-19. Evidenziando anche le conseguenze che una chiusura prolungata delle scuole può avere sulla loro salute psico-fisica. In merito al primo punto (bimbi untori o non untori), pur premettendo che tutti gli studi analizzati «sono osservazionali, a volte non ancora sottoposti a peer reviewed», e «possono quindi avere delle fonti di distorsione o essere di bassa qualità», secondo Gandini, ricercatrice e mamma, «il fatto che siano coerenti e vadano tutti nella stessa direzione è molto rassicurante».
LA LETTERATURA SCIENTIFICA
Tra i lavori esaminati dalla scienziata c'è per esempio una revisione sistematica della letteratura disponibile sull'argomento bimbi e Covid, pubblicata recentemente da Jonas F. Ludvigsson su 'Acta Paediatrica'. La review include oltre 500 articoli e lettere scientifiche pubblicati nelle banche dati, server di pre-stampa compresi. La conclusione dell'autore è appunto che «sembra improbabile che l'apertura delle scuole e degli asili possa portare a un incremento significativo della mortalità». Entrando nel merito di alcuni degli studi rivisti, «uno di Choi e colleghi pubblicato online il 6 aprile sintetizza tutta la letteratura su questo argomento, e mostra che non ci sono casi di trasmissione da bambino a bambino o da bambino ad adulto. Qualche raro report descrive casi di contagio da bambini ad adulto, ma l'apparente precedente contagio dei bambini rispetto agli adulti potrebbe essere dovuto soltanto a un periodo di incubazione minore nei bambini». Una conferma arriva dalle cronache, dalla vita reale: «Anche i report degli studi 'reale life' descrivono una diffusione molto limitata di Covid-19 tra bambini e da bambini ad adulti. Un bambino di 9 anni ha frequentato 3 scuole in Francia mentre era sintomatico con Covid, ma non ci sono evidenze che nessuno dei suoi 112 contatti scolastici abbia contratto il virus». Ancora: «Il Centro nazionale australiano per la ricerca sull'immunizzazione nel Nuovo Galles del Sud ha descritto il caso di 9 studenti delle scuole primarie e superiori e 9 membri del personale con confermato Covid-19. Queste 18 persone hanno avuto contatti con 735 studenti e 128 dipendenti, e solo 2 bambini hanno contratto il Covid-19 da questi casi scolastici iniziali e nessuno del personale». Infine, «finora non ci sono notizie di focolai di Covid-19 nelle scuole svedesi». Tutte evidenze a sostegno della tesi che, «anche se ci sono bambini asintomatici che frequentano le scuole, è improbabile che diffondano il contagio».
A PROPOSITO DI SCUOLE
E poi le scuole. In un articolo sul periodico Usa 'Mother Jones', pubblicato il 23 maggio, riporta ancora Gandini, «viene messa in discussione l'efficacia della chiusura delle scuole nel ridurre la mortalità da Covid-19». Chi lo firma «descrive una serie di articoli tra cui un'altra importante revisione sistematica degli studi pubblicata il 6 aprile su 'The Lancet. Child & Adolescent Health'. Gli autori avevano analizzato tutti gli studi sull'efficacia delle chiusure scolastiche e altre pratiche di allontanamento sociale della scuola nella Cina continentale e Hong Kong. I 16 studi inclusi, che descrivevano gli effetti della chiusura delle scuole rapidamente implementata, suggeriscono che questa misura non ha contribuito al controllo dell'epidemia. Secondo i modelli predittivi inclusi nella revisione, la chiusura delle scuole da sola è in grado di impedire al massimo il 2-4% dei decessi, molto meno di altri interventi di distanziamento sociale». «Uno studio pubblicato invece il 1 maggio su 'The Lancet Public Health' - continua la ricercatrice - ha evidenziato la necessità di tenere in considerazione rischi e benefici della chiusura delle scuole, compreso il fatto che, senza adeguate misure di sostegno, questa misura aumenta il bisogno di assistenza all'infanzia anche da parte di genitori impegnati a gestire l'emergenza Covid-19 come operatori sanitari, annullando di fatto i benefici che la chiusura delle scuole potrebbe avere nel ridurre il numero di morti».
IL CASO DI VO' EUGANEO
Gandini ricorda come «i dati provenienti da Corea del Sud e Islanda, che hanno effettuato test su vasta scala nella popolazione», abbiano confermato «un numero significativamente ridotto di positivi a Covid-19 nei bimbi.
Questo stesso risultato è stato rilevato anche nella città italiana di Vò» Euganeo, nel Padovano, «dove si è effettuato uno screening del 70% della popolazione, non trovando nessun bambino con età inferiore a 10 anni positivo, nonostante un tasso positivo del 2,6% nella popolazione generale. Nella stessa direzione vanno i risultati presentati in una Research letter pubblicata su 'Jamà il 20 maggio, che stima che i bambini esprimono significativamente meno il recettore Ace2 - quello che il Sars-CoV-2 usa per infettare le cellule - rispetto agli adulti, e questo supporta l'ipotesi della minore suscettibilità dei bambini all'infezione. Il campione non è piccolo e gli autori sono riusciti a includere un'analisi multivariata aggiustando le stime anche per asma e sesso. Anche gli autori di questo studio concludono quindi che i bambini, oltre ad ammalarsi di meno, si infetterebbero anche di meno e sarebbero meno contagiosi». 
Ultimo aggiornamento: 13:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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