Tamponi nelle case di riposo: a Pordenone il piano è in ritardo perché mancavano i reagenti

Venerdì 29 Maggio 2020 di Marco Agrusti
Tamponi nelle case di riposo: a Pordenone il piano è in ritardo perché mancavano i reagenti
PORDENONE - L’indicazione era arrivata a inizio aprile, nei giorni più duri dell’emergenza e quando le case di riposo vivevano il dramma dei decessi giornalieri e l’incubo del contagio. Firmata dalla dottoressa Gianna Zamaro, responsabile della Direzione Salute della Regione, definiva i contorni di un’operazione che di lì a poco sarebbe scattata a partire dalle province di Udine e Trieste: tutti gli operatori impegnati nelle residenze per anziani - così recitava la direttiva regionale - dovevano ricevere il tampone naso-faringeo per verificare le loro condizioni di salute, ma soprattutto per tutelare gli ospiti delle strutture, sino a quel momento esposti al contagio e colpiti pesantemente dal virus. Era il semaforo verde nei confronti dei test a tappeto, con un’ulteriore indicazione: i tamponi, si specificava, dovevano essere ripetuti nel tempo per avere il polso di una situazione in evoluzione. Ma a Pordenone - è un fatto - si è rimasti indietro rispetto alla tabella di marcia imposta dalla Regione, e i test sono iniziati solamente a maggio inoltrato. Per quanto riguarda le case di riposo, poi, le tempistiche si sono ulteriormente dilatate, sino ad arrivare ai primi risultati, disponibili solo negli ultimi giorni. 
L’ANALISI
Il Friuli Venezia Giulia, come ha spesso ricordato il vicepresidente della Regione, Riccardo Riccardi, è diventato uno dei territori più virtuosi se si parla di tamponi. Il ritmo giornaliero dei test è sempre aumentato, sino ad arrivare alla capacità attuale, che sfiora i 4mila tamponi al giorno. Allora perché a Pordenone non si è partiti subito con i test a tappeto nelle case di riposo? La risposta è meno complicata di quanto si possa pensare, e alle spalle non c’è alcuna particolare negligenza del sistema sanitario provinciale. Semplicemente, c’era scarsità di reagenti. In provincia di Udine e nell’area di Trieste, poi, in aprile era letteralmente esploso il caso delle residenze per anziani, e la “potenza di fuoco” dei laboratori è stata concentrata laddove le situazioni si presentavano come più gravi. Così Pordenone è rimasta indietro. 
I RISCHI
Ora l’operazione è partita, come testimoniano i primi casi (asintomatici) rilevati a Sacile, Spilimbergo e Cavasso. Ma il ritardo causa una situazione di incertezza che secondo le direttive regionali doveva essere “aggiustata” prima. I test continueranno nei prossimi giorni, ma le case di riposo più grandi della provincia di Pordenone devono ancora attendere prima di conoscere la loro situazione sanitaria. È il caso ad esempio delle due strutture di Pordenone (Casa Serena e Umberto I), dove i test inizieranno i primi giorni di giugno per concludersi attorno alla metà del mese. Il piano non è partito nemmeno alla casa di riposo di San Vito al Tagliamento, un altro importante polo dell’assistenza agli anziani. E sino a quel momento, vista la probabilità di rintracciare alcuni asintomatici, non ci si potrà dire del tutto tranquilli. 
Ultimo aggiornamento: 10:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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