Mestre, bordello aperto in quarantena motore del virus? Controlli sanitari sui clienti

Giovedì 28 Maggio 2020 di Davide Tamiello
Mestre, bordello aperto in quarantena motore del virus? Controlli sanitari sui clienti
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MESTRE - Gli appuntamenti e le richieste riservate dei clienti erano nel “telefono rosso”, uno dei cellulari a disposizione della maitresse della casa per appuntamenti di via Felisati, soprannominato così dai carabinieri per via del colore della cover. Un richiamo cromatico decisamente azzeccato, considerato l’utilizzo. La 35enne che gestiva gli affari della casa del piacere dell’area Piave che, secondo le stime degli investigatori, arrivava ad attirare anche 40 clienti al giorno durante il periodo dell’isolamento forzato imposto dall’emergenza sanitaria Covid-19, aveva centralizzato la sua attività in quel vecchio telefonino. Non uno smartphone, si tratta di un modello di oltre 10 anni fa (più difficile da tracciare rispetto a quelli attuali, non avendo né collegamento ad internet né gps).

Il bordello di Mestre, affari d'oro in quarantena: 40 clienti al giorno e prestazioni fino a 500 euro

Tutti i clienti dovevano passare per quel cellulare, tutti i clienti dovevano parlare prima con lei. La 35enne si spacciava anche per una delle ragazze che lavoravano nel suo postribolo: tanti clienti, infatti, erano convinti di fare sesso con lei. La donna, però, in realtà si limitava a dirigere e incassare. Non tutti i clienti erano uguali. C’era chi veniva a piedi, e chi in Porsche. C’era chi pagava 50 euro per un servizio base, chi arrivava a 500 chiedendo il massimo che poteva offrire la casa.
Una ventina di questi erano i “preferiti”. Alcuni dei loro numeri erano stati salvati nella rubrica, ed erano considerati categoria “gold”. Il vantaggio era quello di poter arrivare lì senza prenotare, quando volevano, a qualunque ora del giorno e della notte: lì avrebbero trovato sempre una ragazza pronta ad accoglierli. I nomi della rubrica, insieme a quelli di altri clienti sentiti nel corso delle indagini (ma i lavori del nucleo radiomobile dei carabinieri non sono certo finiti: la lista di chi ha frequentato la casa di via Felisati è estremamente lunga, considerando il fatto che l’inchiesta considera il periodo tra novembre e maggio) verranno messi a confronto con i nominativi delle liste dell’Ulss dei contagiati Covid. Se dal controllo dovessero emergere delle corrispondenze, sarebbe evidente che il “bordello del lockdown” avrebbe contribuito alla diffusione del virus. In quel caso, gli indagati, potrebbero dover rispondere anche del reato di epidemia colposa. La donna aveva anche un proprio sistema per riscuotere.
Entrava nella casa con dei contenitori di plastica in cui c’erano il pranzo o la cena per le prostitute. Poi, quando usciva, lasciava il cibo e riempiva gli stessi contenitori con il denaro, confezionato in volantini di carta. Nel blitz dell’altro giorno, 1.500 euro sono stati trovati addosso a lei, quando era appena uscita da uno dei giri nell’appartamento, altri 6.500 euro erano in possesso di un suo collaboratore e connazionale di 42 anni, anche lui indagato. Da quanto ricostruito dai militari, alle ragazze non rimaneva praticamente nulla: la donna si teneva l’intero incasso, segnando scrupolosamente quale delle ragazze aveva contribuito di più all’ammontare del ricavo.
Qualche cliente, però, era riuscito a fare il furbo: tra quegli 8mila euro sequestrati, infatti, i carabinieri hanno trovato anche una banconota da 50 euro falsa. 

Ultimo aggiornamento: 11:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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